“Cattolica e antiabortista”

A cosa attende in specie negli USA, nel penale, un abile avvocato allorquando un testimone sia avverso se non a denigrarne la figura?
Il cinema e la televisione ci hanno abituato a scene nelle quali non si discute affatto della sostanza – se quanto testimoniato sia vero o meno – ma della persona interrogata, dei suoi trascorsi, della di lui famiglia, dell’educazione ricevuta, di qualsiasi accadimento possa metterla in cattiva luce.
Che genitori ha avuto?
Quali cattive giovanili compagnie ha frequentato?
È un ex alcolista?
È stato in cura da uno psicologo o da uno psichiatra?
Ha avuto in qualsivoglia modo a che fare con la giustizia?
È a questo riguardo particolarmente significante il momento nel quale, in quel vero capolavoro in bianco e nero del 1962 che conosciamo come ‘Tempesta su Washington’ (‘Advice and consent’, in originale) il testimone, demolito, arriva a dire che nessuno gli crederà appunto non contando assolutamente più (se mai abbia potuto significare) la veridicità di quanto da lui recato in giudizio.
Oggi non certamente da oggi, la medesima tecnica è utilizzata in politica (ed altrove) per minare alla base candidature avverse o comunque invise.
È in questo campo che, alle predette, altre e nuove denigrazioni si sono aggiunte e constatiamo proprio in questi giorni – avendo Donald Trump osato candidarla per la Corte Suprema – che gli oppositori di Amy Coney Barrett, nulla potendo obiettare quanto agli studi e alla competenza (arrivando perfino a collocare in secondo piano argomenti più ‘veri’ quali le sue impostazioni dottrinarie) la attaccano in quanto, orrore!, “cattolica e antiabortista”.
A ben vedere, una ‘evoluzione’ (?) che per il primo verso si richiama al passato, a quando, per il solo fatto di essere considerati ‘papisti’ uomini politici di valore vedevano stroncata la loro carriera.
Riuscirà Coney Barrett a sopravvivere alle ‘infamanti’ accuse?
Dovrà incredibilmente difendersi in proposito nell’aula senatoriale.
Che mondo!