Caucus e Primarie: della crudeltà del sistema

Quelle per definizione ‘nascoste’ (si sono svolte, prima della vera chiamata alle urne dei cittadini, attraverso dibattiti e più o meno riuscite raccolte di consensi mediatici ed economici per larga parte dei mesi del declinante 2019) a parte, le votazioni per la scelta del candidato democratico alla nomination 2020 si sono aperte, come ogni anno, secondo tradizione, con il Caucus dell’Iowa, nella circostanza, cinque settimane fa (correva il 3 febbraio).
Nel trascorrere di questo breve lasso di tempo – mentre il circo elettorale si spostava dal Nord al West, dal Sud all’ovunque affrontando realtà politiche, sociali, culturali differenti se non opposte – abbiamo visto nascere e tramontare alcune ‘stelle’.
Anche risorgere.
Vanno scritti i nomi dei candidati alternatisi significativamente, se non in testa, in una posizione che permetteva loro di sperare.
Eccoli:
– Il giovane ex Sindaco di South Bend, Indiana, Pete Buttigieg inatteso vincitore proprio in Iowa.
Lo ritroveremo chissà dove e quando o sarà ricordato esclusivamente per essere stato il primo aspirante alla candidatura dichiaratamente gay?
Ha vissuto Buttigieg neppure trenta giorni nella illusione di una possibile vittoria visto che si è ritirato meno di un mese dopo.
– La battagliera e determinata Senatrice del Minnesota Amy Klobuchar (troppo nordica per trovare consensi all’Ovest e a Sud), per un istante sugli scudi a seguito di una inaspettata e appena buona prestazione nel New Hampshire e subito dopo tramontata.
Se ne parla – con molte altre Signore, invero – come di un possibile Running Mate per quanto il suo Stato sia in fondo periferico e non abbia prodotto storicamente altro che più o meno dignitosi perdenti (Eugene McCarthy, Hubert Humphrey, Walter Mondale, per dire).
– I due ‘oggetti misteriosi’, evidentemente fuori contesto, Tom Steyer e Andrew Yang, per quanto quest’ultimo abbia apportato qualche non peregrina idea sul piano economico sociale.
– La invero deludente Senatrice Elizabeth Warren, data in spolvero soprattutto prima che si cominciasse a votare, per la quale l’accusa di Trump di avere affossato la candidatura di Sanders non ritirandosi prima del Super Tuesday è assolutamente condivisibile.
Incapace di andare oltre il terzo posto (!?) nel suo Massachusetts, ostinata nel non volere dichiarare il proprio endorsement, non si vede quale futuro possa avere.
– Michael Bloomberg, infine.
Resterà nella storia delle elezioni americane perché capace di battere ogni record in fatto di spese personali senza per contro ottenere il minimo risultato.
Per avere vinto solo nelle American Samoa la cui capitale (è una battuta che comprendiamo praticamente solo noi italiani) è Pago Pago!

Cancellati oggi – e chissà se altresì in futuro, anche se per alcuni il verdetto non può essere che definitivo – tutti costoro, pare che, dopo la nuova sconfitta subita ieri nel ‘mini Super Tuesday’ che chiamava al voto sei Stati, stia per lasciare infine il campo il Senatore del Vermont Bernie Sanders il quale, per la prima volta senza rilasciare dichiarazioni, è colà tornato evidentemente a riflettere.
Più crudele con Bernie che con tutti gli altri citati signori il ‘Sistema Primarie’.
Più crudele per averlo illuso.
Per averlo fatto una seconda volta!

Quanto alla sopra accennata resurrezione?
Quella di un Joe Biden dato per morto dal giorno successivo all’Iowa, rinato il 29 febbraio in South Carolina e praticamente incoronato tra il 3 e il 10 marzo.

L’insegnamento è
mai esaltarsi
mai disperare!