‘Eleggibile’

Non tutti i candidati sono ‘eleggibili’ (si dice).

Ma cosa specifica, come si caratterizzano coloro che lo sarebbero?

Da sempre, negli USA, in vista delle presidenziali, ci si interroga – dando risposte spesso sbagliate e si pensi alle reazioni suscitate nel 2015 dalla discesa in campo di Donald Trump – sulla effettiva ‘eleggibilità’ dei candidati.

È capitato – ed è timore comune ai due partiti che si ripeta (cosa che certamente ha portato a suo tempo l’establishment dell’asinello a sostenere Hillary Clinton contro Bernie Sanders) – che l’elettorato delle Primarie, più radicale, abbia a volte scelto quello tra i pretendenti in qualche modo “più vicino al cuore” non curandosi delle conseguenze elettorali novembrine.

Per fare solo due esempi, Barry Goldwater tra i repubblicani nel 1964 e George McGovern in campo democratico nel 1972: entrambi demoliti.

È occorso – caso emblematico Bill Clinton nel 1992 tra i democratici – che un concorrente alla nomination poco se non per nulla considerato abbia poi vinto.

Dobbiamo concludere che la ‘eleggibilità’ sia qualcosa di misterioso che solo a posteriori si rivela tale?

Evitando a priori di considerare ‘ineleggibile’ chiunque per quanto estraneo possa apparire?

È, banalmente, in verità ‘eleggibile’ il candidato che in quel preciso momento, sentendo e interpretando Il volere della maggioranza, ne conquista il voto.