Funzioni delle Conventions

Ovvio, la Convention – democratica, repubblicana o di qualsiasi altro partito USA sia – ha la principale funzione di ufficializzare la scelta del candidato alla Casa Bianca, di completare il ticket adottando (e si tiene naturalmente conto delle preferenze e necessità del nominato, ma non solo) il Vice Presidente in pectore, di decidere il programma (‘platform’) del movimento (ancora, tenendo nel dovuto conto le idee del candidato).
Ha altresì altre due differenti funzioni.
Serve, in primo luogo ad unificare il partito ricomponendo le fratture necessariamente occorse durante il trascorso confronto elettorale interno, tra Caucus e Primarie.
In secondo luogo, a presentare mediaticamente il ticket.
Estremamente importante pertanto la Convention la cui preparazione deve essere accuratissima, il cui andamento perfettamente calibrato.
La perfezione appunto si raggiunge quando, a seguito di una Convention molto riuscita, si ha il cosiddetto ‘bounce’, lo scatto che consente alla coppia dei candidati di migliorare la posizione nei sondaggi e nella considerazione dei più avviandoli alla vittoria.
Esempi di Conventions capaci di ottenere quest’ultimo decisivo risultato?
Nel 1968 a Miami Beach quando il Grand Old Party scelse per la seconda volta (la prima nel 1960) Richard Nixon.
Nel 1976 a New York nell’occasione in cui il partito dell’Asino incoronò Jimmy Carter.
Nel 1992 ancora a New York e ancora tra i democratici nel momento nel quale prescelsero Bill Clinton.
Ora, nel caso in cui (come oggi per Donald Trump) il prescelto sia un Presidente in carica in cerca di conferma che non sia stato duramente affrontato per la nomination (accadde al predetto Carter nel 1980), la ricomposizione dei contrasti interni avrà poco significato come non sarà difficile arrivare alla scelta (quasi sempre, conferma) del Vice e alla stesura della ‘platform’.
Quanto al ‘bounce’ – anche incrociando le dita perché la creazione della giusta atmosfera è in parte una conseguenza quasi magica – si vedrà.