I ‘grandi’ Presidenti. Arrivati a White per l’intervento della Divina Provvidenza?

Irrispettosa nei confronti dell’Unione la frase che Otto von Bismarck ebbe a suo tempo a pronunciare guardando alla Storia della allora ancora giovane Nazione?

Suonava: “Esiste una particolare Provvidenza Divina a favore dei bambini, dei pazzi, degli ubriachi e degli Stati Uniti d’America!”

Ebbene, irrispettosa che sia questa considerazione, guardando ad almeno quattro dei ‘grandi’ Presidenti realmente riformatori capaci di lasciare ampia traccia del proprio passaggio, a ‘come’ sono arrivati ad occupare lo scranno presidenziale, appare assolutamente vera, verissima.

Premesso che, ovviamente, i pareri in merito possono divergere totalmente e che non pochi potrebbero obiettare anche con durezza.

Premesso che il Padre della Patria George Washington va considerato a parte.

I quattro ‘grandi’ alle cui vicende e al cui percorso elettorale, al fine di dimostrare la eventuale fondatezza dell’affermazione del vecchio Cancelliere, occorre interessarsi sono, nell’ordine storico,

Thomas Jefferson

Abraham Lincoln

Theodore Roosevelt

Lyndon Johnson.

(I primi tre – con Washington – guarda caso, immortalati sul Rushmore da Gutzon Borglum che, scolpendo in anni precedenti, non potette evidentemente includere Johnson).

Ecco – con esclusivo riferimento a ‘come’ i quattro sono arrivati alla massima carica – i fatti.

Anno 1800.

Al termine delle votazioni, il Vice Presidente uscente Thomas Jefferson e l’ex Senatore del New York Aaron Burr conquistano esattamente lo stesso numero Grandi Elettori: settantatre.

Teoricamente (all’epoca non esisteva il ticket), Burr correva per il ruolo vicario.

Visto però il risultato, si dovette ricorrere al voto della Camera dei Rappresentanti che, al trentaseiesimo ballottaggio (trentaseiesimo!!!) a 1801 inoltrato, optò per Jefferson.

Difficoltoso a dir poco, vero?, il cammino del terzo Capo dello Stato USA.

1860

Il Partito Repubblicano – fondato nel 1854 ed invano in corsa con John Fremont nel 1856 – sceglie come proprio candidato a White House l’ex Rappresentante Abraham Lincoln.

Il Partito Democratico, percosso e sconvolto da polemiche e contrapposizioni interne, si divide.

L’ala nordista dell’asino candida quindi Stephen Douglas (colui contro il quale Lincoln aveva perso il confronto per il Senato nel 1858).

L’ala sudista propone invece e di contro il Vice Presidente di James Buchanan John Breckinridge.

È la divisione del partito avverso (presente altresì un quarto pretendente) che favorisce Lincoln -Presidente ‘di minoranza’ visto che la maggioranza dei voti popolari (sommandoli) è andata agli altri tre pretendenti – e ne consente l’affermazione.

1900

Deceduto da poco il Vice di William McKinley, l’establishment repubblicano che comanda nello Stato del New York pensa bene di proporre per l’incarico nel ticket da formare il da poco tempo Governatore dello Stato stesso Theodore Roosevelt.

L’idea è quella di mettere da parte (e quale mai ruolo è meno importante ai fini decisionali della Vice Presidenza?) quel pericoloso riformatore rompiscatole.

Eletto, Teddy subentra alla Casa Bianca all’assassinato McKinley il 14 settembre 1901 restando in sella fino al 3 marzo 1909.

1960

Al fianco del brillante e amatissimo John Kennedy un burbero e poco aggraziato uomo politico texano (è nel ticket proprio per garantire al Presidente della Nuova Frontiera i Grandi Elettori di quell’importante Stato) che peraltro – si scoprirà poi – Franklin Delano Roosevelt apprezzava grandemente avendolo conosciuto agli esordi.

Quasi tre anni in seconda fila ed ecco che il 22 novembre 1963, a Dallas, Kennedy cade per mano assassina e Lyndon Johnson sale di grado.

Quattro riformatori, capaci, efficaci, nessuno dei quali è arrivato al ponte di comando seguendo una normale trafila.

Strano poi il fatto che le date elettive che li riguardano siano il 1800, il 1860, il 1900 e il 1960.

La Divina Provvidenza preferisce intervenire negli anni con finale zero e a cadenze precise, evidentemente.