I repubblicani e quelli di Silicon Valley

“E’ stato un duro scontro quello di mercoledì scorso tra i repubblicani e i big della Silicon Valley”, mi dice Stefano Graziosi.
“Durante un’audizione in Senato con i Ceo di Twitter, Facebook e Google, l’Elefantino è andato all’attacco, accusando i colossi del web di censurare e ostacolare le opinioni dei conservatori.
In particolare, si è verificato un serrato battibecco tra il senatore del Texas, Ted Cruz, e il capo di Twitter, Jack Dorsey.
‘Signor Dorsey, chi diavolo l’ha eletta e incaricata di decidere ciò che i media sono autorizzati a riferire e ciò che il popolo americano è autorizzato a sentire, e perché si ostina a comportarsi come un super PAC democratico e a tacere le opinioni contrarie alle sue convinzioni politiche?’ ha domandato duramente Cruz.
Dorsey ha replicato, respingendo le accuse”.
Tutto è cominciato quando, poche settimane fa, Twitter e Facebook hanno bloccato la condivisione e la diffusione di alcuni articoli del New York Post, particolarmente critici verso la famiglia Biden.
Donald Trump è andato subito all’attacco, chiedendo ripetutamente l’abrogazione della sezione 230 del Communications Decency Act, che fornisce alcune tutele legali alle grandi compagnie del web. Gli stessi Senatori repubblicani hanno fatto quadrato attorno al Presidente, convocando i massimi esponenti dei colossi tecnologici.
Va detto che un certo doppiopesismo si è registrato.
Twitter e Facebook hanno infatti giustificato la censura nei confronti del New York Post, sostenendo che i suoi scoop sui Biden non fossero stati verificati.
Eppure, nel gennaio del 2017, né Twitter né Facebook bloccarono il presunto scoop del sito BuzzFeed, che diffuse il dossier di Christopher Steele: documento (già all’epoca non verificato), secondo cui Trump sarebbe stato sotto ricatto dei russi. Documento che si scoprì poi essere largamente infondato, oltre che finanziato dagli avversari politici dell’attuale Presidente.