Il Senato dopo il 3 novembre (chissà?)

Lo sapete, il Senato ha incombenze di specifica importanza in materia di ratifica di nomine presidenziali con riferimento ai Giudici della Corte Suprema, a quelli Federali, agli Ambasciatori, ai Ministri…
(Anche per dire quanto alla approvazione dei Trattati internazionali, ma ai fini della governabilità questa necessità ha decisamente un minor peso).
Evidente, pertanto, che un Presidente si trovi a proprio massimo agio (diciamo così) allorquando in entrambe le Camere conti su una maggioranza di eletti del suo stesso partito.
Ma anche in non malvagia posizione se il movimento politico di sua appartenenza prevalga in termini di scranni appunto al Senato.
Oggi, a seguito delle Mid Term Elections del 2018, il Grand Old Party del tycoon vanta cinquantatre laticlavi su cento.
Quarantacinque i democratici e due gli indipendenti facenti comunque riferimento al Caucus dell’Asino.
Ebbene, trentacinque le posizioni che si avviano al termine di mandato (o comunque in palio) e pertanto da rinnovare nel prossimo appuntamento novembrino.
Ventitre i repubblicani in gioco.
Dodici i democratici.
Già il fatto che i posti in discussione siano in larga prevalenza del partito dell’Elefante è particolarmente importante.
Ove si aggiunga che, esaminando con attenzione i singoli confronti tenendo conto dei ritiri (alcuni Senatori hanno annunciato che non intendono riproporsi) e delle situazioni politiche più incerte, dei diciassette ‘campi di battaglia’ (‘battlegrounds’) nei quali quasi certamente si vincerà per un piccolo scarto dodici appartengono al GOP, si constata che le probabilità di vedere un eventualmente confermato Donald Trump assistito da una maggioranza senatoriale non sono davvero molte.
Prevedibilmente (ma le previsioni possono essere smentite), se rieletto, il Presidente si troverà con entrambi i rami del Congresso avversi.
Nella classica situazione della proverbiale ‘anitra zoppa’
Per contro, un Biden vincente potrebbe portare a compimento un ‘trifecta’ che si ha quando Presidente e maggioranze camerali appartengono allo stesso partito.
Situazione per lui teoricamente ideale.
Vedremo.