Il voto ‘inutile’

Eccoci qua, il campo democratico comincia la tiritera del voto ‘inutile’.

Lo fa, nell’occasione, parlando in particolare agli elettori verdi, a quanti, nella situazione, intendono votare Jill Stein per la presidenza.

(Non si rivolge l’asinello ai possibili elettori del Libertarian Party ritenendoli ‘dannosi’ più per i repubblicani che per sé).

E lo fa tirando fuori e sottolineando quanto accaduto nelle elezioni del 2000.

Allora, Ralph Nader, in corsa per il Green Party, prese ventiduemila voti circa nel New Hampshire, che Al Gore perse per poco più di settemila suffragi di distacco, e centomila in Florida, che decise l’elezione di George Walker Bush per la miseria di cinquecentotrentasette voti in più rispetto al rivale.

E visto che si ritiene che, mancando Nader, larga parte di quei signori avrebbero scelto il democratico…

Ma – ecco la prima faccia del problema – perché mai un candidato che rappresenta una ben definita e precisa idea politica dovrebbe rinunciare a candidarsi?

E – seconda faccia – perché mai un elettore dovrebbe rinunciare ad esprimersi per un partito e un candidato di cui approva le idee?

E’ forse obbligatorio per quanti dissentono dai due partiti egemoni della politica USA votare in ogni caso e sempre per il meno peggio?