Jackson e la cartamoneta da venti dollari, ovvero della necessità di contestualizzare

Il Ministro del Tesoro USA Steven Mnuchin ha annunciato che la banconota da venti dollari continuerà a proporre il volto del settimo Presidente Andrew Jackson almeno fino al 2026.

Adduce il Ministro ragioni afferenti una possibile contraffazione.

Immediata la conseguente polemica.

Da tempo, difatti, era nell’aria la decisione di sostituire con l’effige della ex schiava e abolizionista storica Harriett Tubman quella del primo Capo dello Stato appartenente al Partito Democratico.

Non accadrà – sostengono proprio i democratici – per l’opposizione di Trump accusato di non essere favorevole alla modifica per diverse implicazioni, non ultima delle quali una nascosta avversione razziale.

Due le osservazioni in merito.

La prima riguarda il fatto che il partito in origine e per lunghissimi decenni sostenitore della schiavitu’ e della segregazione – il Democratico – accusi un esponente del partito che la schiavitu’ e il segregazionismo ha combattuto e vinto – il Repubblicano – di una sia pure nascosta avversione razziale.

La seconda concerne la visione, oggi non da oggi, che si ha della figura dello stesso Andrew Jackson.

Una visione che – accade spessissimo – porta a conclusioni e giudizi che prescindono assolutamente dalle circostanze storiche dell’epoca non contestualizzando, come è invece sempre indispensabile fare.

Personalmente, non ho mai amato Jackson, il defenestratore (democraticamente, per carità) nella tornata elettorale 1828 dell’ultimo (John Quincy Adams) appartenente alla ‘aristocrazia’ che aveva ideato, fatto e istituzionalizzato gli Stati Uniti d’America.

Colui – ancora Jackson – che aveva portato al Governo la borghesia.

Ciononostante, quanto alle ragioni che sostengono l’idea e il progetto della sostituzione dell’effige molto ritengo sia da eccepire.

L’accusa sostiene che il vincitore della Battaglia di New Orleans abbia operato sia come uomo d’armi che come Capo dello Stato da feroce persecutore dei nativi americani, degli indiani insomma.

Vittorioso invero prima contro i Creek e poi contro i Seminole, determinante quanto alle decisioni che portarono alle forzate migrazioni di intere Nazioni indiane, Jackson viveva in un contesto storico che portava ad agire in quel modo.

Un contesto che giudicato con gli occhi di oggi lo fa ritenere moralmente esecrabile.

Ciò detto ci si deve chiedere chi mai tra i Grandi del passato possa essere ancora ritenuto tale sottoposto che fosse al giudizio del mondo nel quale viviamo.