‘Jeu decisif’

Sarebbe ‘Tie break’ in inglese.
Ma i galletti danno maggiore e più corretta significanza a questa espressione – ‘jeu decisif’ – che mutuo ovviamente dal tennis.
È in effetti come se in questo momento, dopo una lunga altalena, allunghi e rientri, break e controbreak per restare in tema, i due giocatori americani fossero alla pari, sei a sei.
Trump era partito bene approfittando della inconsistenza dei troppi rivali e della seconda se non terza fila nella quale Biden quasi si confondeva…
Il coach dell’ex Vice era allora intervenuto imponendo un cambio di strategia veramente efficace che, sgomberato il campo e chiarito che si trattava di un singolo maschile, per lungo tempo aveva portato avanti il suo poulain.
I fattori esterni debitamente sfruttati avevano pesato eccome.
Poi, un cambio in corsa nello staff del tycoon.
Un nuovo schema, più discese a rete e molti smash.
Ed eccoci al dunque.
Al ‘jeu decisif’, dicevo.
Dove contano altri fattori.
Dove vince chi ha più carattere, si afferma senza specificare cosa si intenda dire.
Chi non ci sta a perdere?
A pelle, vista così la cosa, d’acchito, verrebbe da optare per Trump.
Ragionando, potrebbe essere invece preferibile Biden.
Del resto, nella storia del tennis, un attaccante come Pete Sampras ne ha vinti di ‘tie break’.
Non percentualmente però quanti ne abbia riportati un ragionatore quale fu Arthur Ashe.
Guardiamoci lo spettacolo e, attenzione, un eventuale ‘mini break’ iniziale può anche non essere ‘decisif’!