L’elettore medio dei ’60/’70 è ancora lo stesso?

È tra i Sessanta e i Settanta del Novecento che i due partiti maggiori americani trovano una differente collocazione.
Il Grand Old Party volge a destra per raccogliere i consensi di quella che Richard Nixon definisce ‘la maggioranza silenziosa’, avversa alle contestazioni e alla violenza sociale, della quale fanno parte individui non giovani, non poveri, non afroamericani.
I democratici parlano di “formare una nuova coalizione di sinistra composta da giovani, neri, poveri, persone bene istruite, alienati sociali, gruppi minoritari e intellettuali” mentre descrivono la classe media e le associazioni di bianchi come “razzisti”.
Viene identificato dagli studi ‘l’elettore medio’ statisticamente parlando.
È “una casalinga bianca cattolica quarantasettenne residente a Dayton, Ohio, sposata con un macchinista”.
E cosa era allora a base della consapevolezza politica?
“Sapere che la signora di Dayton ha paura di camminare da sola per strada la sera, che ha pensieri contrastanti sulla questione dei neri e dei diritti civili perché prima di finire in periferia viveva in un quartiere che era diventato un ghetto nero, sapere che suo cognato è un poliziotto, sapere che non avrebbe i soldi per spostarsi se il suo nuovo quartiere si deteriorasse, sapere che è profondamente angosciata dal fatto che suo figlio frequenta un community college in cui è stato scoperto che gira l’LSD…”
Certo, non tutti i particolari collimano, ma, confrontando quanto qui riportato (ripreso dallo straordinario recente imperdibile saggio di Jill Lepore intitolato ‘Queste verità. Una storia degli Stati Uniti d’America’) ai presenti accadimenti e alla contrapposizione ancora una volta in atto, molte le somiglianze.
Allora – nel 1968 e nel 1972 con Richard Nixon – la destra prevalse (per governare poi, salvo la parentesi Carter seguita al Watergate, fino al Clinton 1992).
Difficile (non impossibile), parrebbe, possa succedere ancora visti i cambiamenti nella composizione dell’elettorato laddove i citati allora componenti della ‘maggioranza silenziosa’ sono minoranza.
È questa una previsione quanto al 3 novembre?
È la definizione di una tendenza guardando alla quale la vittoria di Donald Trump nel 2016 appare a dir poco anomala.
Non è vero, d’altra parte, che già dopo il 2012 e la sconfitta subita da Mitt Romney il partito repubblicano, in uno spietato documento che è stato chiamato ‘Autopsia’, ha riconosciuto come sia indispensabile per il futuro rivedere l’intera sua strategia e cercare nuova collocazione?
Un Trump nuovamente vincente – da questo punto di vista non contingente – bloccherebbe per altri quattro anni il da molti ritenuto necessario cammino.
Un Trump perdente lo aprirebbe.
Avrà una qualche incidenza tale considerazione?