Nicholas Murray Butler e l’eredità ricevuta nel 1912

Un grand’uomo che, ove si guardi solo alle elezioni americane, finisce per essere considerato una specie di tappabuchi di scarsissimo successo.
Filosofo, diplomatico, educatore, nel tempo Presidente della Columbia University e Premio Nobel per la Pace, Nicholas Murray Butler era un convinto repubblicano, delegato per i GOP in tutte le Convention tenutesi addirittura dal 1888 al 1936.
Per quanto abbia invano (nel 1920) pensato di scendere personalmente in corsa per la Casa Bianca, elettoralmente parlando, va purtroppo ricordato per essere stato un candidato alla Vice Presidenza di ripiego e uno dei meno votati in assoluto.
Fatto è che nelle elezioni del 1912 – quelle che videro Teddy Roosevelt uscire dal partito repubblicano e correre alla testa di un movimento progressista – il Grand Old Party ripropose il Capo dello Stato uscente William Taft e con lui il Vicario, anch’egli uscente, James Sherman.
Fra l’altro, era la prima volta dal 1828 che un Vice Presidente non veniva sostituito nella seguente tornata.
Ebbene, malauguratamente Sherman muore il 30 ottobre 1912, sei giorni prima della chiamata alle urne.
È in quella davvero particolare (mai accaduto prima o dopo) circostanza che il nostro Butler viene indicato dai repubblicani quale persona alla quale devono essere attribuiti i voti dei Grandi Elettori assegnati invero al defunto.
Molto pochi – otto – visto che Taft riesce a prevalere in soli due Stati, Utah e Vermont e si classifica terzo dopo il democratico Woodrow Wilson (eletto) e il predetto Teddy che ottiene inutilmente il miglior risultato al quale sia mai arrivato un ‘terzo’ da quando democratici e repubblicani si fronteggiano per la Executive Mansion e cioè dal 1856.
Butler è quindi nella statistica elettorale in una posizione infelice – si potrebbe e si deve dire – non per propria responsabilità ma a causa di un purtroppo negativo retaggio!