Nomination democratica 2000: Gore vince tutto (per poi perdere)

Da quando – poco più di un secolo fa, con difficoltà e diffondendo il sistema gradatamente a tutti gli Stati – si è deciso (meglio: i partiti hanno deliberato) di scegliere il candidato a White House attraverso Caucus e Primarie, solo in casi eccezionali (e comunque quando il Presidente uscente si ripresentava) il processo è arrivato a conclusione vedendo uno dei contendenti sempre e costantemente vittorioso in ogni e qualsiasi parte del Paese.

Straordinaria pertanto la performance nel 2000 del Vice Presidente di Bill Clinton Al Gore che vinse tutte le cinquantasette (oltre gli Stati, il Columbia D. C., gli americani all’estero e i Territori) consultazioni in programma.

Non che corresse da solo.

All’inizio, cercò di contrastarlo l’ex Senatore del New Jersey e grande campione (di basket) Bill Bradley.

Perso nettamente l’Iowa e di veramente poco il New Hampshire, Bradley naufragò il 7 marzo, allorquando soccombette in tutti i quindici Stati chiamati alle urne.

Guardare la carta geografica degli Stati Uniti a fine corsa e vederla tutta dello stesso colore (il blu assegnato a Gore) resta davvero impressionante.

Prevarrà a novembre a livello nazionale il futuro Premio Nobel per la Pace anche in termini di voto popolare ma perderà per un vero soffio (la più volte trattata ‘questione Florida’) quanto a Grandi Elettori.

Quattro anni (si parlava della su candidatura dal 1997 appena dopo il secondo insediamento a fianco di Clinton) di duro e continuo impegno per ottenere alla fine meno di un pugno di mosche.

Questa, anche, è la politica!