Quando il Texas ‘corse il rischio’ di tornare messicano

La ragione (una delle ragioni) per la quale a White House opera Donald Trump e non siede Hillary Clinton.
7 novembre 1916.
Si dubita in merito, ma Woodrow Wilson vince le Presidenziali e ottiene un secondo mandato.
4 marzo 1917.
Conseguentemente, di bel nuovo si insedia.
6 aprile 1917.
Gli Stati Uniti dichiarano ufficialmente guerra alla Germania.
È in questo lasso di tempo che i tedeschi – prospettandosi appunto l’ingresso degli Americani (del resto, abbondantemente provocati) nel conflitto – cercano di ottenere, esplicitandolo a febbraio 1917, il conforto del (se non una vera alleanza col) Messico.
Si tratta – guardando ai contenuti dell’iniziativa – di un inaccettabile attacco al dettato della cosiddetta Dottrina Monroe.
Quale difatti la contropartita fatta intravedere ai Messicani?
Nientemeno che una riappropriazione – a distanza di oltre ottant’anni, visto che si era reso indipendente nel 1836 – del Texas, quasi ad Alamo e a San Jacinto non si fosse combattuto.
E non invero solamente dello Stato della Stella Solitaria dato che dei ‘territori perduti’ (in cotal modo definiti) e recuperati avrebbero fatto parte anche New Mexico e Arizona.
Pesa oggi il Texas la bellezza di trentotto Grandi Elettori, usualmente, nelle ultime tornate, in mano repubblicana.
Fosse tornato – con l’appendice dell’Arizona – al Messico allora, per dire, togliendo un totale di quasi cinquanta Delegati a Trump, dal 20 gennaio 2017 alla Casa Bianca siederebbe Hillary Clinton!