Verginità, ovvero Lyndon Johnson all’opera

Considero Lyndon Johnson un vero gigante.
Come altra volta ho detto, Franklin Delano Roosevelt (aveva avuto modo ci conoscerlo giovane Rappresentante e volle rivederlo più volte) lo riteneva il solo interlocutore in grado di ‘capire’ la politica.
Texano, nato e vissuto in un ambiente che definire conservatore è grandemente riduttivo…
espressione di un partito nel Sud assolutamente segregazionista…
spesso rozzo e inurbano…
Johnson è stato un Presidente “eccezionale” (come scrive Maldwyn Jones) che ha concretamente operato come nessun altro prima o dopo di lui per i diritti delle minoranze.
Mi commuovono ogni volta l’imperdonabile fraintendimento e la colpevole trascuratezza che lo riguardano.
La sottovalutazione dei media, ottusa se non meschina, dell’uomo e del politico.
Sono arrivato a scrivere, nell’impeto e certamente esagerando, che la morte per mano assassina di John Kennedy fu una benedizione per gli Stati Uniti.
Kennedy – che i predetti media osannavano e osannano senza nulla conoscere della sua reale capacità di governo…
Kennedy del quale pochi mesi prima che decedesse Martin Luther King disse che non era stato in grado di mantenere le promesse fatte ai neri, alle minoranze in genere.
Mi piace qui riportare una frase che ben rappresenta il ‘modo’ perfino brutale di Johnson.
Pronunciata dopo l’approvazione nel 1957 da parte del Congresso del ‘Civil Rights Act’ che avrebbe dovuto operare in modo rivoluzionario nel campo e si dimostrò ben poco efficace.
“Una volta persa la verginità la volta successiva è più facile”, disse.
Lo dimostrò – capace come era di ottenere l’assenso del Congresso – con la straordinaria politica riformatrice che in pochissimo tempo in materia seppe ideare e compiere.
Mille volte chapeau!