‘Winner takes all assoluto’, ‘Winner takes all relativo’

1) Winner takes all assoluto

 

Allora, quarantotto Stati USA (Maine e Nebraska esclusi) più il Distretto di Columbia – dal 1848 allorquando si cominciò a votare per la bisogna “il primo martedì dopo il primo lunedì del mese di novembre dell’anno bisestile” – scelgono i loro Grandi Elettori con il ‘winner takes all assoluto’.

(Va ripetuto – non solo qui ma all’infinito – che l’elezione del Presidente degli Stati Uniti d’America non è di primo grado – il popolo non lo vota direttamente – ma di secondo, spettando la nomina, nel Collegio che costituiscono, ai predetti Grandi Elettori “il primo lunedì dopo il secondo mercoledì del successivo mese di dicembre”, salvo il caso straordinario – avvenne nel 1824 – che nessun candidato raggiunga la maggioranza assoluta nel citato Collegio e l’incombenza passi alla Camera dei Rappresentanti).

Ebbene, il ‘winner takes all assoluto’ prevede che il candidato che in uno Stato ottenga anche un solo voto popolare in più del rivale conquisti tutti (tutti) i Grandi Elettori (come notificati in un apposito elenco) ai quali il medesimo Stato ha diritto.

Ora, dalla votazione del 1964, i pluricitati membri del Collegio sono cinquecentotrentotto (pari alla totalità dei Congressisti – Senatori e Rappresentanti – con l’aggiunta dei tre che spettano al Distretto di Columbia) e pertanto la maggioranza assoluta è fissata a duecentosettanta.

La distribuzione degli stessi è proporzionalmente corrispondente al numero degli abitanti degli Stati (stando ai risultati dei Censimenti che hanno luogo ogni dieci anni quando la finale è zero, il 2020 il prossimo) e ogni delegazione statale è pari al totale dei Congressisti ai quali ha diritto.

La California – di gran lunga il più abitato – ha cinquantacinque Grandi Elettori (avendo due Senatori e cinquantatre Rappresentanti).

All’estremo opposto, tra gli altri, l’Akaska con tre (due Senatori e un solo Rappresentante).

È l’applicazione del ‘winner takes all assoluto’ Stato per Stato che porta a volte (cinque finora) alla vittoria per Grandi Elettori – l’unica che conti – di un candidato invece soccombente per voti popolari a livello nazionale.

Parlando, per meglio capirci, delle elezioni 2016, Hillary Rodham Clinton ha vinto su Donald Trump in California per quasi cinque milioni di voti popolari, conquistando pertanto i cinquantacinque Grandi Elettori che avrebbe ottenuto anche se avesse raccolto solo, per dire, cinquecento suffragi in più.

Donald Trump ha strappato ai democratici il Michigan, il Wisconsin e la Pennsylvania – quarantasei Grandi Elettori complessivamente – per poche migliaia di voti ciascuno.

Accade ultimamente che i votanti per il Partito Democratico aumentino ma negli Stati ‘sbagliati’ – quali   il predetto Golden State – dove elettoralmente non servono.

Ricorrentemente, si parla di mutare il sistema per far prevalere il voto popolare a livello nazionale.

Occorrerebbe un Emendamento costituzionale che per entrare in vigore deve essere approvato dalla maggioranza qualificata dei due rami del Congresso e poi ratificato dai tre quarti degli Stati (praticamente da trentotto su cinquanta).

Impossibile.

 

Nota bene:

il Maine e il Nebraska hanno deciso di usare un diverso sistema dividendo il loro territorio in circoscrizioni.

La competenza in merito è difatti degli Stati e non federale.

 

 

2) ‘Winner takes all relativo’

 

Il ‘Winner takes all relativo’, – non in uso nelle votazioni presidenziali delle quali si è parlato ora – si distingue dall’assoluto perché, ove sia utilizzato, i delegati (serve spesso, anche in alternativa all’altro, in campo repubblicano per l’attribuzione appunto dei delegati alle Convention) sono tutti assegnati al vincitore solo se supera il cinquanta per cento dei suffragi (nell’assoluto basta una maggioranza anche inferiore).

Nel caso in cui il primo classificato non arrivi a tanto i delegati vengono attribuiti in proporzione ai voti ricevuti.