Gli elettori: Baby boomers, Generation X, Millennials

Un davvero interessante articolo a firma Luca Passoni pubblicato da ilsussidiario.net fornisce dati di particolare interesse a proposito dell’elettorato USA chiamato oggi alle urne.

Gli aventi diritto al voto sono duecentoventiquattro milioni circa.

Tra questi, novantotto milioni sono i cosiddetti ‘baby boomers’, nati tra il 1945 e il 1964, o più anziani.

Risultano essere centoventisei milioni i nati nei due ventenni successivi (Generation X e Millennials) quasi il cinquantasette per cento degli aventi diritto.

Ancora: nelle elezioni tra il 2004 e il 2012 la partecipazione al voto dei ‘baby boomers’ e dei più anziani è stata attorno al settanta per cento.

Quella delle due seguenti generazioni all’incirca del cinquantaquattro.

Sarà questa, il 2016, l’ultima volta nella quale gli anziani e i ‘vecchi’ risulteranno più numerosi tra i votanti dato che pare possibile concludere che la presenza alle urne aumenti con l’avanzare delle età?

E’ a questo punto, comunque, da sottolineare che proprio alla classe dei più volte citati ‘baby boomers’ appartengono sia Hillary Clinton che Donald Trump.

La stampa USA ‘leggermente’ (!?) a favore di Hillary Clinton

Gli endorsement?

Basta dare un’occhiata ai siti ufficiali dei candidati per conoscere le personalità di ogni genere e tipo che si sono dichiarate a favore dell’uno o dell’altro.

Le personalità, certamente, ma anche gli organi di stampa.

Confrontando i due campi – limitatamente agli USA – a quest’ultimo riguardo, troviamo i seguenti dati (peraltro, in continuo aggiornamento)

Hillary Clinton: a favore duecentoventisei quotidiani, centoventuno settimanali e settantasei altre pubblicazioni per un totale di quattrocentoventitre testate.

Donald Trump: sei quotidiani (quanti il libertari ano Gary Johnson, per dare un’idea), un settimanale e undici altre pubblicazioni per un totale di diciotto testate.

Essendo i due praticamente alla pari oggi nei sondaggi, cosa dire, quali considerazioni fare a proposito del peso della stampa in questo frangente?

297 Clinton, 241 Trump. Decisiva la Florida

La mappa di Real Clear Politics che attribuisce i grandi elettori dice che se si votasse vincerebbe Hillary Clinton per duecentonovasette delegati a duecentoquarantuno.

(Ricordamo che la maggioranza assoluta richiesta è di duecentosettanta).

Una vittoria tranquilla, parrebbe.

Ma, in effetti, così non è.

La Florida vale ventinove grandi elettori e nella finzione suddetta viene assegnata a Clinton.

In realtà, il vantaggio colà dell’ex first lady è al momento in media inferiore al due per cento.

Ora, se il tycoon dovesse rimontare in quelle bande gli basterebbe per prevalere.

Duecentonovasette meno ventinove infatti fa duecentosessantotto mentre duecentoquarantuno più ventinove fa proprio duecentosettanta!

Ohio con Trump

Allora, lo sappiamo, nessun repubblicano ha mai conquistato White House senza vincere in Ohio.

E cosa sta succedendo in questi giorni in quello che resta lo ‘Swing State’ per definizione?

Il tycoon nuovaiorchese in corsa per il GOP è colà in vantaggio del quattro per cento secondo i sondaggi.

I giochi sono lontani dall’essere fatti e Clinton resta favorita, ma The Donald pare in grado di mettere a segno il colpo.

Obama per Hillary

Certo, sono entrambi democratici.

Certo, Barack Obama sa che se a succedergli fosse Donald Trump larga parte delle sue iniziative – Obamacare in prima linea – verrebbero messe in seria discussione.

Certo, non fa piacere a un democratico (né a un repubblicano, ovviamente) vedere un avversario ideologico vincere quasi che gli elettori fossero altrove indirizzati per colpa sua.

Tutto vero.

Ma altrettanto certamente Obama nella circostanza di agita davvero particolarmente a favore dell’ex first lady.

E pensare che in altri momenti i contrasti tra i due sono stati forti e apparentemente insanabili.

Nessuno dei due!

Un interessante e significativo servizio della TV svizzera.

Una bottega di barbiere, un classico ‘barbershop’, di Los Angeles.

I titolari, i clienti, le elezioni.

Differenti le idee politiche.

Diverse le posizioni.

Diffusa la convinzione che i giochi siano in qualche modo dall’inizio fatti e che in verità Trump non abbia mai avuto o abbia ora chance.

Unanime, comunque, la pessima considerazione nei confronti di entrambi i candidati.

“Quanto sarebbe meglio se fosse possibile votare per qualcun altro”, dicono tutti all’unisono!

Cosa succede se il Libertarian Party conquista il 5 per cento?

Gary Johnson e Bill Weld?

Ok, quanto alla presidenza sono ovviamente e largamente fuori gioco.

Lo erano dall’inizio.

Ma la loro avventura può portare notevoli positive conseguenze al da loro rappresentato Libertarian Party.

Occorre, necessita che conquistino a livello nazionale il cinque per cento del voto popolare (percentuale decisamente alta per un terzo partito).

Ove riuscissero, il Libertarian Party, nel 2020, avendo conseguentemente all’esito elettorale ufficialmente acquisito il titolo di ‘partito minore’ (la Federal Election Commission in cotal modo lo classificherebbe), verrebbe incluso nelle schede elettorali di tutti gli Stati evitando quindi di doversi fortemente impegnare per portare a termine le lunghe e difficili procedure per ottenere i placet a questo punto invece necessari.

Di più, avrebbe diritto a un contributo federale di all’incirca dieci milioni di dollari.

Un risultato importantissimo, pertanto, quello a cui tendono i due componenti il ticket libertariano.

Il vento soffia nelle vele di Trump, ma forse è tardi

Sedici gli Stati sotto osservazione.

Quelli che, considerati fin dall’inizio non decisamente schierati, possono decidere l’8 novembre.

Ora, prima, peraltro, degli ultimi scandali che hanno coinvolto Hillary (nuove accuse per altre mail sospette) e il marito Bill (rivelazioni sulla grazia da lui concessa a un ricco evasore proprio l’ultimo giorno di permanenza a White House il 20 gennaio 2001), non pochi sondaggi colà condotti mostravano una veloce erosione del vantaggio dell’ex first lady nelle intenzioni di voto e un avanzamento del tycoon nuovaiorchese.

Oggi, guardando ai dati forniti da Real Clear Politics, gli ultimissimi dati dicono qualcosa di più.

Trump è in vantaggio e in qualche caso abbastanza nettamente in

Florida: più quattro per cento

Ohio: più cinque

North Carolina: più sette

Arizona: più due

Georgia: più sette

Missouri: più quattordici

Nevada: più quattro

Ove si tenga conto del fatto che, per esempio in Pennsylvania, Stato con Florida e Ohio determinante, il margine di Clinton tende a calare, non pochi i grattacapi in casa democratica.

Resta pur vero che il vento che soffia nelle vele di Trump può non bastare per vincere anche perché ha cominciato a soffiare un po’ tardi.

Perché McMullin non gradisce Nathan Johnson come vice

Ha un bell’affannarsi il candidato indipendente a White House Evan McMullin.

Per quanto affermi che il suo running mate nella bisogna sia Mindy Lisa Finn, in alcuni degli Stati che lo hanno incluso nella scheda elettorale il vice indicato è invece un certo Nathan Johnson.

Complicato capire il perché.

Fatto è, però, che McMullin non ci sta e cerca di chiarire e correggere l’inghippo.

Lo comprendiamo benissimo.

Dovesse mai arrivare alla presidenza, sarebbe il terzo capo dello Stato USA ad avere come vice un Johnson.

Il primo a trovarsi in questa situazione fu Abraham Lincoln (vice Andrew Johnson).

Il secondo fu John Kennedy (vice Lyndon Johnson).

Ora, che fine hanno fatto Lincoln e Kennedy?

Meglio evitare ogni lontana possibilità di dare conferma all’antico modo di dire: “non c’è due senza tre”!

Ryan ha votato Trump

Ponendo definitivamente fine alle voci in merito, lo speaker della camera dei rappresentanti Paul Ryan – repubblicano e lungamente contrario al tycoon nuovaiorchese – ha dichiarato oggi di avere votato via posta per Donald Trump.

Nel mentre, un nuovo sondaggio mette in ansia i democratici perché pone il GOP davanti a Hillary Clinton.

Di pochissimo ma è un segno rilevante considerando che prima del recente nuovo scandalo l’ex first lady era nettamente in testa.

Butta male per la signora ma c’è tempo e modo per rimediare.