I preoccupanti esiti delle Presidenziali 1796 e 1800 e come si pose riparo

Lo sapete.

Elezioni del 1796.

Vince (nel senso che ottiene un maggior numero di voti da parte dei Grandi Elettori: settantuno, contro sessantotto del rivale più prossimo) il Federalista John Adams.

Sconfitto – il rivale suddetto – Thomas Jefferson, del Partito Democratico Repubblicano.

Secondo il disposto costituzionale in merito, alla fine, Presidente appartenente ad un partito e Vice di un altro.

Bizzarro quantomeno.

Peggio, forse, quattro anni dopo.

Jefferson si prende la rivincita e batte nella circostanza Adams ma ottiene lo stesso numero di voti dei Grandi Elettori: settantatre, di Aaron Burr.

Teoricamente, Burr correrebbe per il ruolo vicario ma non essendoci indicazioni in merito…

Ebbene, per risolvere l’impasse occorrerà ricorrere al voto della Camera che deciderà tra i due (relegando Burr al ruolo vicario) solo al trentaseiesimo ballottaggio.

La questione verrà risolta con la proposta, l’approvazione e la ratifica a tamburo battente da parte degli Stati del Dodicesimo Emendamento, già in funzione nelle elezioni del 1804.

Sostanzialmente, la norma veniva modificata in modo tale che le candidature alla Presidenza e al ruolo vicario fossero distinte.

Da allora – dal 1804 – ogni partito esprime un ticket elettorale e problemi quali quelli sopra rappresentati non sono più possibili.