James Madison, messo in minoranza. Per capire i tempi!

Difficile tra i ‘Cinquanta Semidei” (parola di Thomas Jefferson) che hanno fondato gli Stati Uniti d’America (salvo le virtù militari) stabilire una graduatoria.
Quanto agli ideali?
Quanto alla preparazione culturale?
Quanto alle capacità più varie messe in opera?
Nel campo politico?
In quello sociale?
In quello giuridico istituzionale?
La Dichiarazione di Indipendenza, la Costituzione, il Bill of Rights, il XII Emendamento che ha corretto il sistema elettorale,
l’azione sostanzialmente creatrice della Corte Suprema, hanno messo in atto tra il 1776 e il 1835 (le date essendo comunque indicative) qualcosa di veramente nuovo ed unico peraltro venuto da lontano.
Non si erano difatti gli immigrati colaggiù portati avendo rifiutato un mondo europeo non più per loro per differenti ragioni accettabile?
Come ebbe a scrivere Margaret Thatcher, contrariamente all’Unione Europea dal fiato corto, una struttura quella americana “di derivazione filosofica”.

Tutto ciò detto, nutro nei confronti di James Madison (del grande pensatore capace di mettere sulla carta le fondamenta dell’America, più che del Presidente dipoi non assistito dalla buona sorte) una specifica considerazione.
Orbene, è suo il cosiddetto ‘Dilemma’ che si sostanzia nella apparentemente ovvia affermazione che in Democrazia la maggioranza deve governare tenendo conto dei desideri delle minoranze.
Orbene ancora, la profonda crisi nella quale da decenni ci troviamo altro non è che il tradimento di questa elementare verità.
Non è più difatti la maggioranza a governare.
Lo fanno le minoranze attraverso una indefessa serie di veri attentati alla Democrazia portati avanti per imporre contro i più (disprezzati in quanto retrogradi conservatori per ciò stesso volgari, perché credenti e come si permettono?) le illuminate istanze progressiste radicali per di più molto chic.
Una situazione che va incancrenendosi alla quale pare impossibile opporsi.
Una situazione che ha portato alla dissoluzione del processo stesso democratico!

Capita a volte che ci si imbatta in una scena letteraria o cinematografica nella quale brillantemente un autore illustri un ‘momento’ con pochi significanti tratti.
Nel caso, mi riferisco a un datato episodio della serie televisiva ‘Ally McBeal’.
Siamo in uno studio legale e gli avvocati stanno esaminando le possibilità di ricorso di un cliente licenziato da un grande magazzino.
Chiede uno di loro:
“È un nero?”
La risposta è “No!”
Chiede ancora:
“È un handicappato?”
La risposta è “No!”
Chiede infine:
“È un gay?
Un lgbtq?”
Ricevuto l’ultimo no, il saggio legale conclude:
“È fregato.
È una persona normale, nessuna legge lo protegge!”
Proprio così.