Candidati al femminile

È solo nel 1920 che negli Stati Uniti, con un apposito Emendamento, viene concesso il voto alle donne.
A livello locale, peraltro, in diverse situazioni, anche prima (nel Wyoming, nel 1869).
Ora, per quanto, quasi leggendariamente, per un partito assolutamente ‘minore’, nel 1872, Victoria Claflin Woodhull – personaggio comunque interessante, agitatrice sociale e femminista ante litteram i cui pochi voti furono quasi certamente annullati anche perché al momento delle votazioni non aveva ancora trentacinque anni e non poteva pertanto proporsi dal punto di vista costituzionale – si sia candidata a White House, le prime Signore che sono davvero riuscite ad avere una qualche voce in sede di scelta dei candidati alle massime cariche si trovano a partire dagli anni Sessanta del Novecento.

È nella tornata elettorale del 1964 che il partito repubblicano guarda alla possibilità di presentare per White House la allora e dal 1949 Senatrice (e in precedenza Rappresentante, la prima donna in assoluto eletta in entrambe le Camere) per il Maine Margaret Chase Smith.
Su posizioni politicamente moderate (si oppose, per dire, da subito e con una significativa ‘Dichiarazione di coscienza’ al Maccartismo) Chase Smith – già tra i possibili Vice di Dwight Eisenhower nel 1952 – si propose ufficialmente per la Presidenza (“con poche illusioni e senza denaro intendendo comunque andare fino in fondo”) nel gennaio 1964.
Successi davvero parziali, limitati i suoi nel corso di Caucus e Primarie (all’epoca non in programma ovunque come oggi) che la portarono peraltro ad essere in sede di Convention la prima donna ufficialmente elencata tra i candidati e a piazzarsi al quinto posto nel ballottaggio iniziale.
Chase Smith, negli anni seguenti la battuta d’arresto elettorale subita inopinatamente nel 1972 (in totale, oltre tre decenni al Congresso!), continuò fino all’ultimo a distinguersi per le idee e le battaglie sostenute.

A seguire – in questa necessariamente veloce articolazione ‘al femminile’ – Shirley Hill Chisholm.
Nel 1968, la prima donna afroamericana eletta al Congresso, precisamente a New York in un Distretto che rappresenterà per sette mandati biennali fino al 3 gennaio del 1983.
È nel 1972 che Chisholm diventa il primo (nessun nero neanche di sesso maschile in precedenza) ‘black candidate’ a White House e, nel corso della campagna, la prima donna in assoluto a partecipare a un dibattito ufficiale tra aspiranti alla Presidenza.
Buono comunque per lei l’esito del ballottaggio inaugurale in sede Convention: centocinquantadue voti da parte dei delegati.
Davvero attiva, Chisholm, in tutti i campi e particolarmente in quelli sociali ed educativi fino alla fine.

È la nuovaiorchese italoamericana di modeste origini ma di notevoli capacità ampiamente dimostrate già precedentemente all’arrivo al Congresso (alla Camera dopo le votazioni del 1978) Geraldine Ferraro – siamo nel 1984 e i democratici devono affrontare una sfida da far tremare i polsi sedendo alla Casa Bianca Ronald Reagan – la prima Signora effettivamente compresa in un ticket (quello dell’Asino e al fianco di Walter Mondale).
Purtroppo, è quella – non certo per responsabilità di Geraldine – la peggiore sconfitta mai rimediata dai democratici in termini non tanto di voti popolari quanto di Grandi Elettori (vincono solo e d’un pelo in Minnesota, Stato d’origine di Mondale, e nel District of Columbia).
Segnata da quella batosta, cercherà invano in due circostanze di essere eletta al Senato, fallendo.

Venendo rapidamente a noi e a giorni più vicini – citata almeno Elizabeth Hanford Dole che va ricordata in proprio e non perché moglie del perdente rivale repubblicano di Bill Clinton nel 1996, Bob Dole – ecco palesarsi in casa GOP nel 2008 la meteora Sarah Palin.
È il Senatore dell’Arizona John McCain, inopinatamente ma avendo la necessità di ‘coprirsi’ a destra tra i conservatori che lo ritengono troppo centrista e minacciano di astenersi (mai, per carità, di votare dem!), che la vuole al fianco nella contesa con Barack Obama.
È Palin in quel momento Governatore dell’Alaska e in qualche modo – forse troppo folkloristicamente – rappresenta le istanze di quella parte dei repubblicani che si oppone comunque e in ogni caso ad ogni apertura in campo etico e in generale al politicamente corretto.
Alla fine, nelle urne, insufficiente il suo contributo e dolorosa la sconfitta.
Diventata un personaggio mediatico in particolare televisivo, Palin avrà anche successo scrivendo e il suo primo libro sarà un best seller.

Siamo nel terzo millennio e quale mai altra Signora è in questi anni più importante politicamente negli Stati Uniti di Hillary Rodham Clinton?
Di lei ci occuperemo in modo decisamente molto più approfondito e appropriato in altra sede.
Basti qui elencare alcuni degli infiniti incarichi ricoperti invero già a partire dagli ultimi decenni del trascorso secolo.
First Lady a più riprese dell’Arkansas.
Prima Signora degli Stati Uniti dal 1993 al 2001 (il coniuge Bill Clinton fu eletto nel 1992 ed entrò in carica il 20 gennaio del successivo anno lasciando dopo due mandati agli inizi del citato 2001) esercitando il ruolo molto efficacemente non occupandosi affatto solamente della conduzione della Executive Mansion.
Senatrice del New York dal 2001 al 2009.
Segretario di Stato dal 2009 al 2013.
Soprattutto, candidata due volte a White House.
Nel 2008, pur avendo vinto le Primarie democratiche nei tre Stati più significativi e pesanti (California, Texas e New York), sconfitta per la nomination da Barack Obama, cosa che non sarebbe accaduta se il partito democratico avesse in uso nella circostanza il winner takes all method e non il proporzionale.
Nel 2016, battuta da Donald Trump, essendo arrivata, prima Signora in tutta la storia americana, alla nomination e avendo conquistato (altro record femminile) la maggioranza del voto popolare a livello nazionale senza, purtroppo per lei, ottenere il numero di Grandi Elettori necessario per l’investitura.
Mille gli argomenti da trattare – ripeto – parlando di Hillary Rodham Clinton.
È inappropriato oggi non guardare ancora a lei: scommetto che in futuro avrà altro da dire!

Di certo sulla scia di Hillary, tra i più importanti candidati attuali (ancora in gara per la nomination democratica) tre le Signore.
Le Senatrici Amy Klobuchar, del Minnesota, ed Elizabeth Warren del Massachusetts e la Rappresentante delle Hawaii Tulsi Gabbard.
Vedremo.