Del ‘Progressive Party’ dando, alla fine, ‘i numeri’

Segui l’interessante evoluzione politica di James Weaver e arrivi al ‘Progressive Party’ di Theodore Roosevelt.

Weaver, dunque.

Fondamentalmente un riformatore il Nostro.

Cambia partito restando della propria idea.

Cinque volte.

Lottando per il popolo e contro i monopoli.

Repubblicano all’inizio.

Del ‘Greenback Party’ poi è per questo effimero movimento candidato alla Casa Bianca nel 1880.

Populista scelto nella Convention di Omaha del 1892 per un secondo tentativo personale decisamente meglio riuscito (vinse in cinque Stati e ottenne l’otto e mezzo per cento del voto popolare).

Democratico dal 1908 al 1912 quando, come detto, si aggiunse ai sostenitori del grande ex Teddy Roosevelt in quella che resta e resterà la più straordinaria prestazione di un ‘terzo’ da quando democratici e repubblicani si affrontano.

Era quella rooseveltiana la prima incarnazione del citato ‘Progressive Party’.

Ve ne sarà nel 1924 una seconda (di buon livello, elettoralmente parlando, anche se minore) al seguito di Robert La Follette e una terza (sostanzialmente fallimentare) nel 1948 con Henry Wallace.

Da sottolineare il fatto che i tre tentativi progressisti hanno date fra loro collegabili in modo particolare.

Dodici, ventiquattro, quarantotto: ogni volta il doppio.

Volendo, il doppio di quarantotto è novantasei e non è forse proprio nel 1996 che Ross Perot, non più indipendente, si presenta alla guida del ‘Reform Party’ che una buona vena progressista e populista propone?