1948, Harry Truman ottiene una contrastata nomination dal suo partito.
Talmente difficile l’investitura che gli Asinelli si dividono.
Non in due.
Sarebbe troppo facile.
In tre.
A destra escono e si propongono, sostanzialmente come segregazionisti, i cosiddetti ‘Dixiecrats’ che contano di ottenere un notevole successo a Sud, cosa che accadrà.
Presentano quale candidato a White House J. Strom Thurmond, Governatore del South Carolina.
A sinistra, attorno all’ex Vice Presidente di Franklin Delano Roosevelt (nel suo terzo mandato) Henry Wallace, si forma di nuovo – è storicamente la terza volta che una formazione prende questo nome – un Progressive Party.
Così frantumato il fronte democratico, il Grand Old Party è convinto di avere finalmente (ha ammainato bandiera ogni 4 anni dal 1932) vita facile.
Sceglie di nuovo (lo aveva già fatto nel 1944 contrapponendolo a Franklin Delano Roosevelt e non era finita molto bene) il Governatore del New York Thomas Dewey.
Due modi assolutamente opposti di ‘correre’ quelli messi in opera dai due contendenti in vista del 2 novembre.
Quasi rilassato, in souplesse, tanto è convinto di farcela, il repubblicano.
Con l’argento vivo addosso il democratico che percorre il Paese in lungo e in largo (in treno soprattutto), tiene la bellezza di 351 comizi, intrattiene all’incirca 12 milioni di persone.
A due settimane dal voto, nientemeno che George Gallup in persona (avrà di che pentirsene a lungo) dà vincente Dewey con un margine che ritiene incolmabile.
La sera del predetto 2 novembre, visti i risultati degli Stati ad Est, gli atlantici in particolare, Dewey va a letto convinto di avere vinto.
(Era successo qualcosa di simile già nel 1916 a Charles Evans Hughes, ma chi se lo ricordava?)
È nella notte, quando mano a mano arrivano i voti del Midwest, del West, della costa pacifica che lo cose cambiano.
All’alba del 3 un festante e gioioso Truman viene fotografato mentre ha in mano e mostra la prima pagina del Chicago Daily Tribune che a caratteri di scatola grida “Dewey defeats Truman”.
La più grande sorpresa (fino al 2016) della storia delle Presidenziali americane si è concretizzata.
Il vecchio e formidabile missouriano ha vinto (e governerà magnificamente come gli storici infine comprenderanno e scriveranno).
Ha fatto molto più di quanto gli chiedevano i suoi sostenitori quando, pensando che alla fine avrebbe comunque perso, riferendosi al rivale che doveva almeno soffrirla la maledetta vittoria, gli gridavano “Fagli passare un brutto quarto d’ora, Harry”!