Il Texas dei vecchi tempi è oggi al dunque

Avete in mente l’incredibile inizio di ‘Sentieri selvaggi’?
Appare la scritta ‘Texas 1868’ e un cavaliere si avvicina alla fattoria degli Edwards.
E’ Ethan e torna da chissà dove.
Difficile se non impossibile rappresentare ‘The Giant’ e i suoi abitanti meglio di così.
Di come Ethan si rappresenta.
Scolpito nel marmo, duro quindi, razzista e alla fine, con quel prendere in braccio Debbie, capace di rubarti il cuore, indelebile.
È dal 1980, dal primo Reagan, che ‘the Lone Star State’ vota invariabilmente repubblicano alle Presidenziali.
Lo vediamo schierato e si fa fatica a ricordare i vecchi tempi, quelli nei quali era impossibile anche solo pensare che non si colorasse del blu democratico.
Stato schiavista e poi segregazionista, in quanto tale necessariamente dem quello con capitale Austin.
Stato nel quale – con l’eccezione del 1928 allorquando gli Asinelli avevano candidato il cattolico (orrore!) Alfred Smith regalandolo ai rivali che nulla in effetti operarono per raccattarlo – fino ad Eisenhower, il designato rep neppure faceva campagna, dandolo perso.
Stato nel quale allora, un classico cow-boy, interrogato, alla richiesta sul perché avesse dirazzato optando per il Generale, tenne a precisare che quanto alle cariche statali e locali mai avrebbe potuto fare altrettanto:
“So che i miei vecchi si sono girati nella tomba quando ho votato Ike.
Ne uscirebbero se facessi la stessa cosa per il Governatore o lo Sceriffo”.
Stato che oggi, assai meno folkloristico e infinitamente più tecnologico, moderno (che brutta parola!), ‘pesa’ la bellezza di 38 decisivi scranni al Collegio Elettorale.
Li darà ancora al Grand Old Party?