Lo stato delle cose prima del New York

Il prossimo 19 aprile – e da giorni e giorni i candidati sono arrivati nella Grande Mela – vota il New York (lo Stato, naturalmente, non solo la città).

Nelle precedenti tornate elettorali per White House abitualmente la primaria del grande Stato atlantico arrivava se non a giochi fatti quasi.

Non così in questo interessantissimo 2016.

Un mucchio di delegati in palio in due corse niente affatto decise.

Tra i democratici, guardando ai voti elettorali conquistati e non considerando i superdelegati (designati e non scelti attraverso il voto) – in larghissima maggioranza (quattrocentosessantanove a trentuno!) clintoniani – Hillary Clinton ha milleduecentoottanta delegati a suo favore contro i milletrenta di Bernie Sanders.

La prima domanda è: ma l’ex segretario di Stato non doveva fare una passeggiata, un canter di salute, in queste primarie?

La seconda è: ma se dovesse perdere anche nel New York (dopo che il rivale le ha assestato sette bastonate nelle ultime otto occasioni di scontro) sarebbe un candidato dipoi vincente?

La terza; ma davvero l’asinello potrebbe infischiarsene di un competitor, sia pure ‘socialista’, capace di raccogliere una tale messe di voti che, per di più, potrebbe alla fine risultare in testa come numero di delegati ove non si tenesse conto di quelli decisi dal partito?

Nel campo repubblicano, Donald Trump guida con settecentoquarantatre delegati ma v’è fortemente da dubitare che possa arrivare alla fine, alla convention, avendone in tasca milleduecentotrentasette, ovvero la maggioranza assoluta più uno.

Lo seguono Ted Cruz, con cinquecentodiciassette voti elettorali (e se il magnate nuovayorchese probabilmente non arriverà al predetto limite minimo come si può pensare che ci arrivi il senatore del Texas che parte da dietro e non di pochissimo?) e il governatore dell’Ohio John Kasich (centoquarantatre) del tutto out.

Peraltro, Marco Rubio – che ha ‘sospeso’ la sua campagna – pare riesca a tenersi i centosettantuno suffragi catturati prima del disastro nella sua Florida.

Ora, i dem –anche per il fatto che i contendenti sono solo due – probabilmente arriveranno a scegliere il loro vessillifero prima della convention (e dovrebbe comunque essere Hillary, una Hillary azzoppata).

I GOP, invece, con buona probabilità si troveranno in quel di Cleveland senza un vincitore ma con un Trump molto vicino ad esserlo.

Che dire se non che si prevede bufera, e tanta, nella città dell’Ohio sede della loro convention?

Da quanti e quanti anni una campagna presidenziale USA non era tanto interessante?