Trump ha vinto!

Il 16 giugno del trascorso 2015, Donald Trump annunciava la propria discesa in campo nell’intento di ottenere la nomination del partito repubblicano in vista delle elezioni presidenziali del 2016.

Prese in giro, risate, sberleffi…

Ma dove credeva di andare quell’energumeno ?

Poi, eliminati i concorrenti interni al GOP e arrivata la agognata nomination, ancora giù botte.

“La Clinton lo distruggerà”, si affermava nel mentre lo si insultava.

Una campagna in continua salita, tutti i giornali, tutti i vip contro con un dichiarato disprezzo.

Il risultato?

Una bella e chiara vittoria.

Sarà necessario esaminare a bocce ferme quanto accaduto in questo 8 novembre americano che ha cambiato il mondo e la storia.

Trump ha sconfitto tutti

8 novembre 2016: una data che resterà nella storia non perché in quel giorno si è eletto il nuovo presidente – il quarantacinquesimo – degli Stati Uniti.
Resterà nella storia perché il vincitore ha dovuto battere una vera pletora di avversari.
La rivale Hillary Clinton, per cominciare.
Il presidente Obama che ha fatto una infuocata e inutile campagna a favore della signora.
Lo schieramento dei media tutti dichiaratamente amici dell’ex first lady.
Il partito democratico, naturalmente.
Quello repubblicano, incredibilmente, il cui intero establishment era contro di lui
Chapeau.

Si può cambiare opinione e quindi voto?

Pochi giorni fa, in Wisconsin.

Trump si rivolge agli elettori che per posta hanno già votato Clinton e li sprona a cambiare opinione e ad esprimersi per lui.

Una follia?

No, nel Wisconsin è possibile farlo.

E non solo colà.

 

Una consimile norma vale anche in Minnesota, Pennsylvania e Mississippi almeno.

Transition, transizione

Cosa succede – in particolare nel caso in cui, come nell’occasione, il capo dello Stato termini la propria permanenza a White House – nei molti giorni che passano dall’election day all’insediamento?

(Per conoscenza, è solo a partire dal 1937 che la cerimonia inaugurale del mandato del presidente USA è fissata alle ore 12 del 20 gennaio successivo.

Prima, dal 1793, era invece programmata ancora più in là al 4 di marzo).

Si tratta in effetti di un periodo di tempo del tutto particolare durante il quale l’eletto non ha teoricamente alcuna voce decisionale essendo il predecessore nel pieno dei poteri.

Nel corso della oramai lunga storia delle presidenziali americane si è visto in proposito assolutamente di tutto.

Probabilmente, il caso più memorabile in senso negativo è quello relativo ai mesi che, dal 2 dicembre 1828 (quell’anno, ultimo giorno elettorale) precedettero il giuramento in programma il 4 marzo 1829.

Il presidente uscente John Quincy Adams, sconfitto dallo sfidante Andrew Jackson – suo nemico giurato dopo le controverse consultazioni popolari del 1824 – rifiutò ogni contatto col vincitore come poi di accoglierlo alla Casa Bianca arrivando al punto di non partecipare alla cerimonia dell’insediamento.

In un differente caso, nei primissimi mesi del 1845, l’uscente John Tyler decise di forzare il dettato costituzionale pur di far approvare prima della sua sostituzione da parte di James Polk il trattato che annetteva il Texas.

Venendo a giorni a noi più vicini, ottimo il comportamento di George Walker Bush che nel periodo di cui si tratta coinvolse per quanto possibile nelle questioni governative il successore Barack Obama.

Oggi, dovesse vincere Trump, cosa succederebbe?

Con tutti gli insulti che i due campi opposti si sono scambiati?

Esiste per il vero un ‘transition team’ trumpiano.

(Anche Hillary ha il suo, naturalmente).

Ecco, questo apparato dovrebbe prendere contatto col corrispondente team obamiano per arrivare dolcemente al 20 gennaio.

Succederà?

Dovesse prevalere il GOP – credo – ne vedremmo delle belle!

RCP Map, no toss up States

Election day.

Real Clear Politics aggiorna i dati.

Prevede 272 Clinton a 266 Trump.

Praticamente, un vero testa a testa.

Come mai?

Semplice, rispetto a ieri attribuisce al GOP la Florida.

A questo punto, dovessero i termini essere quelli indicati, la decisione potrà magari venire da uno degli Stati minori, probabilmente per pochi voti popolari a favore dell’uno o dell’altro.

Uno scoppiettante finale!

A Dixville Notch vince Hillary

4 a 6.

Come sempre, nel villaggio di Dixville Notch, contea di Coos, New Hampshire, le urne si sono aperte a mezzanotte e un secondo dell’election day.

12 i cittadini aventi diritto al voto.

7 gli elettori che si sono presentati davanti all’hotel The Balsams, laddove si colloca il seggio.

Dal successivo spoglio risulta che Clinton ha riportato 4 suffragi e Trump 2.

Un voto è stato dichiarato nullo.

Il nome scritto sulla scheda dall’elettore era quello di Mitt Romney.

I seggi sono aperti

Alle ore 12 italiane si sono aperti i seggi USA lungo la costa orientale atlantica.

Alle 15, apriranno quelli della costa pacifica.

I primi risultati – sempre guardando al nostro orologio – dopo la una di notte di mercoledì.

Riguarderanno Georgia, Indiana, South Carolina, Vermont e Virginia, gli Stati che chiudono per primi i seggi.

New Hampshire, 32 voti a 25 per Trump

Vale la pena di seguire passo passo i primi risultati?

Forse sì, visto che riguardano il New Hampshire.

Forse, perché, stando agli ultimi sondaggi, potrebbe essere proprio il citato Stato quello determinante.

Conta il New Hampshire su quattro grandi elettori i quali, pare, andando da una parte o dall’altra, farebbero pendere la bilancia appunto da una parte o dall’altra.

Ora, dopo Dixville Notch (quattro a due per la democratica), ecco i risultati di Hart (Hillary diciassette a quattordici) e di Millsfiel (sedici a quattro per The Donald).

In totale, quindi, trentadue a venticinque per il repubblicano.

Se son rose (trumpiane) fioriranno.

154 quesiti

Come sempre, nell’election day, in moltissimi Stati, si vota a proposito dei più diversi quesiti.

In totale, i cittadini sono chiamati a dire la loro in merito a centocinquantaquattro richieste.

Molte tra queste riguardano l’uso terapeutico e perfino ricreativo della marijuana, uso – quello terapeutico – peraltro già consentito in diverse parti del Paese.

Di rilievo, le consultazioni relative alla richiesta di abolire la pena di morte in California e nel Nebraska.

A tale proposito, si ricorda che sono diciannove gli Stati nei quali la detta pena è già abolita.

New Hampshire, North Carolina e Florida

Va ripetuto – anche perché Donald Trump ha dichiarato “in quei tre Stati stiamo facendo molto bene” – se il repubblicano dovesse prevalere nel New Hampshire, nel North Carolina e in Florida le cose per la democratica precipiterebbero.

Se poi, poco dopo, arrivassero buone notizie per il tycoon dall’Ohio, quasi certamente la sorpresissima andrebbe in porto.

Lo sapremo nella nostra notte elettorale.