Possibile scissione nel GOP?

Allora, Mitt Romney, in un discorso molto atteso anche perché non pochi ritenevano potesse annunciare la propria candidatura, ha invitato esplicitamente gli elettori repubblicani a non votare Donald Trump.

Questi, a tamburo battente, ha dato all’ex candidato GOP del “cadavere” aggiungendo che il suo intervento è “irrilevante”.

Un certo numero di osservatori e un gruppo notevole di media, subito dopo, hanno cominciato a chiedersi se non si sia in vista – magari alla convention – di una scissione nel partito dell’elefante.

Storicamente parlando, scissioni in sede di convention o subito dopo se ne sono avute.

Possiamo qui ricordare quanto occorso in campo democratico nel 1860.

Il partito in questione si spaccò arrivando a proporre due candidati, Stephen Douglas e John Breckinridge.

Risultato?

Vinse il repubblicano Abraham Lincoln!

Famosissima la scissione operata dall’ex presidente repubblicano Theodore Roosevelt.

Si era nel 1912 e i GOP gli avevano preferito l’uscente William Taft.

Tuoni e fulmini: grande, impetuosa campagna di Teddy che arriva secondo (il miglior risultato di sempre di un ‘terzo’) ma consegna White House al democratico Woodrow Wilson.

Nel 1948, ancora tra i democratici, l’ala conservatrice del partito, non accettando la ricandidatura di Harry Truman, si staccò creando il movimento dei ‘dixiecrats’ che candidò invano J. Strom Thurmond.

George Wallace, poi, nel 1968, rifiutando la piattaforma evidentemente non segregazionista dei democratici, si propose come indipendente raccogliendo non pochi voti nel Sud.

Interessante l’avventura di John Anderson nel 1980.

Repubblicano, cercò, uscendo dal partito, di opporsi come terzo incomodo da indipendente a Reagan e a Carter ma ottenne solo un tiepido successo ‘di stima’.

Come si vede, nessuno degli scissionisti ha mai vinto.