Primarie nel New York: le regole

Si fa presto a dire primarie.

Per il vero, di primarie ce n’è di tutti i tipi.

La prima e fondamentale differenziazione si ha tra quelle ‘aperte’ e quelle ‘chiuse’.

Premesso che non si tratta di consultazioni di coalizione come in Italia e che negli USA per votare non basta essere maggiorenni ma occorre iscriversi alle liste elettorali (si deve dimostrare di voler esercitare il diritto che deriva dal compimento della maggiore età e lo si dimostra appunto iscrivendosi), alla primarie ‘chiuse’ possono votare solo quanti, appunto al momento della predetta iscrizione, si sono dichiarati per l’uno o per l’altro partito.

In cotal modo, nelle ‘chiuse’, se indette dai repubblicani sono ammessi al voto solo i repubblicani, se indette dai democratici solo appunto i democratici.

Quando invece sono aperte, chiunque sia in regola con l’iscrizione alle pluricitate liste può partecipare.

Altre differenze notevoli si hanno poi guardando alle regole nei due diversi campi e nei due differenti fronti partitici.

Arrivando al New York (si vota nello Stato, per cui ‘il New York’, e non solo nella Grande Mela), mentre l’attribuzione dei numerosissimi (duecentoquarantesette più un sostanzioso pacchetto di superdelegati) seggi in palio tra i dem avviene proporzionalmente al risultato elettorale, tra i GOP (novantacinque i voti elettorali in gioco) valgono regole difformi e alquanto complicate.

Intanto, lo Stato è diviso per la bisogna in circoscrizioni e l’attribuzione in un particolare caso può ricadere sotto il ‘winner take all’.

Se, infatti, un candidato (potrebbe essere Donald Trump stando ai sondaggi) prevale in tutte le indicate circoscrizioni con oltre il cinquanta per cento dei suffragi si pappa tutti i delegati in palio.

E’ per impedire quindi l’en plein al tycoon nuovayorchese (gioca in casa) che Kasich – secondo, sia pure staccatissimo nelle intenzioni di voto – e Cruz – terzo – si battono, non certo sperando di vincere.