“Se decidessi di lavorare per Trump mia moglie mi ucciderebbe!”

Donald Trump ha sbaragliato il campo repubblicano (sedici contendenti la nomination!) utilizzando uno staff formato da settanta persone in tutto e spendendo pochissimo.

Hillary Clinton ha faticato moltissimo e speso una barca di quattrini per contenere il suo unico rivale (il vecchio e ignoto senatore del Vermont Bernie Sanders teoricamente ancora in corsa) con uno staff di settecento e più persone.

Fatto è che il tycoon nuovaiorchese, nell’ambito di caucus e primarie, lottando con gli altri GOP (ammesso che lui lo sia), ha potuto contare sulla sua maestria nel campo della comunicazione verbale e, in particolare, televisiva.

Cosa mai, infatti, avrebbero potuto inventarsi per batterlo persone come Jeb Bush o John Kasich, persone cioè molto più articolate e ideologicamente pure ma incapaci di reazioni ed espressioni rozze ma pungenti e fulminanti fatte apposta per essere citate nei titoli di giornali e tg quali quelle sue proprie?

Ecco, però, che le cose – ritiene Trump – sono cambiate.

Cambiate in quanto adesso lo scontro è con la ‘corazzata’ Hillary Clinton.

Dimenticando l’aureo detto “squadra che vince non si cambia”, The Donald ha licenziato il suo capo staff (che funzionava benissimo) per sostituirlo con un vecchio arnese quale è Paul Manafort (un tale che, l’ho ricordato altrove, ha qualche volta vinto ma più spesso perso come gli è occorso assistendo Gerald Ford, Bob Dole e John McCain, per dire).

Poi, si è dato alla ricerca di forze fresche incontrando peraltro un notevole numero di rifiuti.

Un bel mucchio di specialisti che negli ultimi decenni hanno lavorato per candidati GOP alle più varie cariche si sono defilati.

Uno è arrivato a dire: “Se decidessi di lavorare per Trump mia moglie mi ucciderebbe!”

Parecchie le ragioni.

In primo luogo, la ‘lontananza’ – chiamiamola così – del magnate dalla ortodossia repubblicana.

In secondo, la sua, in certi ambienti, ‘impresentabilità’.

In terzo e determinante, la paura di essere coinvolti in una debacle.

Una situazione difficile alla quale Trump – per non tradire la propria immagine pubblica – dovrebbe reagire alla maniera di Trump, con spavalderia, affermando che non gli serve l’aiuto e il consiglio di nessuno.

Meglio per lui, comunque, se non avesse dato, cercando e soprattutto non prevedendo che gli sarebbero state sbattute molte porte in faccia, questo segno di debolezza.