Un Congresso diviso (la ‘Wilmot Proviso’ in particolare)

Lo sappiamo.
Alla Camera (dove siedono in 435 e che non per niente è chiamata ‘dei Rappresentanti!), gli eletti ‘rappresentano’ il popolo e sono pertanto distribuiti Stato per Stato proporzionalmente al numero degli abitanti quale risulta dai Censimenti che si tengono ogni decennio nell’anno con finale zero.
Al Senato, i Laticlavi rappresentano gli Stati che hanno per definizione pari dignità, ragione per la quale sono eletti nel numero di due qualunque sia la consistenza dei rispettivi residenti.
I Collegi camerali (Distretti) in ciascuno Stato sono tanti quanti i Rappresentanti da eleggere.
La circoscrizione senatoriale coincide invece con l’intero territorio dello Stato.
La differente origine elettorale porta in molte circostanze a risultati contrastanti e a maggioranze diverse nei due rami del Congresso.
Contribuisce altresì a determinare tale situazione il fatto che il Senato si rinnovi ogni due anni per un terzo (la Camera ogni biennio totalmente) impedendo improvvisi e travolgenti cambiamenti – sempre così invece controllati – nella composizione partitica.
Infinite (al di là della elaborazione delle leggi), si potrebbe dire, le votazioni su temi di vero rilievo politico e ideologico che portano a risultati, nei due consessi, opposti, addirittura inconciliabili.
Un solo esempio di grande significanza perché indicativo di divaricazioni che porteranno lontano e al peggio.
Nel 1846, alla Camera, David Wilmot, in vista della espansione dei territori dell’Unione fino al Pacifico, propose che nelle terre che dipoi avrebbero costituito Stati quali il Texas, il New Mexico, lo Utah, la California… non fossero consentite la schiavitù o la servitù involontaria.
Ebbene – sia pure dopo accesissimi dibattiti, con i presenti spesso venuti alle mani e sfide a duello – la Camera approvò per ben due volte la proposta, invece respinta in entrambe le circostanze dal Senato.