1828: la Seconda Rivoluzione
4 marzo 1829, insediamento di Andrew Jackson conseguente la sua affermazione del 1828.
Per la prima volta, il Presidente uscente – John Quincy Adams – non riceve il nuovo Capo dello Stato e non lo accompagna alla cerimonia.
È vero che Jackson lo ha defenestrato e che solo suo padre – John Adams – prima aveva subito ugual sorte.
È vero che non ha alcuna considerazione del rivale avendo affermato che non sia neppure in grado di scrivere il proprio nome.
È vero che l’odio – assolutamente ricambiato – risale alle precedenti elezioni quando (correva il 1824, rammentiamo), Adams aveva vinto non in termini di voto popolare o di Grandi Elettori ma davanti alla Camera, un unicum nella storia.
È vero che i due rappresentano partiti di recente costituzione – il Nazional Repubblicano e il Democratico – nati dalle ceneri del Repubblicano/Democratico proprio a seguito degli accadimenti del 1824.
Ma, soprattutto e definitivamente, è vero che quell’insediamento segna la fine di un’epoca e l’avvento di un’altra.
La fine – essendone John Quincy l’ultimo degli esponenti – di una classe di aristocratici (che aveva espresso ‘Cinquanta Semidei’, definizione di Thomas Jefferson) che aveva ideato e realizzato l’Unione.
L’avvento – e lo si vide dal comportamento, diciamo così, ‘disinvolto’ nella circostanza dei jacksoniani – della borghesia, di una borghesia che peraltro tale doveva ancora diventare.
La Seconda Rivoluzione Americana, come ebbi a definirla tempo addietro.
Post scriptum.
I predetti Cinquanta Semidei (straordinario l’apporto in particolare di James Madison) hanno elaborato e scritto la Dichiarazione di Indipendenza, la Carta Costituzionale, il Bill of Rights e impostato con John Marshall il Diritto e la la giurisdizione, comunque voglia intendersi l’espressione, americani!