1988 e 1992, due differenti previsioni (sbagliate)

Si può sbagliare per troppo ottimismo.
Si può sbagliare per eccessivo pessimismo.
Campagna elettorale 1988.
Mille i candidati democratici in corsa per la nomination.
Ronald Reagan è ineleggibile una terza volta e la situazione politica sembra decisamente volgere a favore dell’Asinello.
In pista, Gary Hart, Jesse Jackson, Al Gore, un non molto determinato Bill Clinton, Michael Dukakis…
Prevale quest’ultimo e viaggia con il vento in poppa tanto che il 22/23 di luglio i sondaggi lo danno avanti di 17 punti.
Risultato novembrino?
Vince nettamente il repubblicano Vice in carica George Herbert Bush.
Campagna elettorale 1992.
L’uscente G. W. Bush è considerato imbattibile dai democratici.
Le rilevazioni lo danno strafavorito.
E così in pochi si presentano al via.
Tra i rinunciatari, Mario Cuomo che è indubbiamente il più forte tra i papabili.
In una competizione tra ‘minori’, ottiene l’investitura un uomo politico periferico, dell’Arkansas.
Si chiama Bill Clinton.
È vero, scende in campo un imprevedibile terzo indipendente (Ross Perot), ma Clinton vince.
Come si vede, difficile capire da che parte giri davvero il vento.
In una campagna che dura ben oltre un anno tutto cambia.
Come dimostrato ancora nel 2016 dal deriso da tutti (quando si propose) Donald Trump.