ACB: quando la narrazione prevale sulla verità

I media (si direbbe dappertutto) all’unisono, trattando della ratifica da parte del Senato americano della nomina a Giudice della Corte Suprema di Amy Coney Barrett, ‘accusano’ i repubblicani di avere ferocemente ‘forzato’ la normativa in merito, in questo (come sempre) adeguandosi alla narrazione dei democratici che richiamano quanto accaduto nel 2016 alla morte di Antonin Scalia sostenendo che le due circostanze coincidano.
Nulla di più falso!
La Costituzione (non la carta con la quale si avvolge il salame affettato) dice che la benedetta ratifica della designazione ad opera del Presidente di un Giudice (della Corte Suprema o Federale che sia) è di competenza senatoriale.
Occorre pertanto che in quell’aula esista o si formi una maggioranza.
Nel 2016, allorquando Barack Obama indicò Merrick Garland, non si costituì.
Nel 2020, alla designazione da parte di Donald Trump di Amy Coney Barrett, sì.
Erano totalmente in diritto i repubblicani, 4 anni fa prevalenti al Senato, di votare contro o neppure mettere all’ordine del giorno la votazione inerente.
Erano e sono stati totalmente in diritto in questi ultimi giorni nel mettere all’ordine del giorno l’argomento e nel ratificare la designazione presidenziale.
Non è assolutamente vero il contrario, dato che quello applicato è il dettato costituzionale.
I democratici, ovviamente, denunciando inesistenti prevaricazioni, fanno il loro mestiere.
Non si sa bene di contro quale mestiere esercitino quanti nei media fanno costantemente (ed anche in questa circostanza) loro eco.
O forse sì.