Amash è ufficialmente libertariano

Fondato nel 1971, il Libertarian Party, per quanto abbia ottenuto seggi in elezioni locali e statali, non era mai riuscito ad avere un Rappresentante a Washington (tanto meno un Senatore).
Ebbene – non peraltro attraverso una elezione – questa lacuna è stata colmata il 29 aprile scorso allorquando Justin Amash – già cinque volte vittorioso in campo repubblicano alla Camera Bassa federale in un Distretto del Michigan e nel 2019 dichiaratosi indipendente – ha annunciato il proprio passaggio nelle fila del movimento politico che nel 2016 ha presentato per la Presidenza Gary Johnson ottenendo un buon risultato (il migliore della sua storia a tale livello).
È in effetti nelle mire di Amash la candidatura Libertarian a White House, candidatura che verrà ufficializzata (altri, non pochi anche se soprattutto folkloristici, comunque, i concorrenti) ad Austin, Texas, nella Convention che – salvo procrastinazioni causa Coronavirus – è fissata a partire dall’oramai prossimo 21 maggio.
Come già detto, è ovviamente impossibile pensare ad una vittoria novembrina del Rappresentante (un quarantenne di grande spessore e di solidi principi).
Ci si può e deve interrogare però in rielezione alle possibili conseguenze della sua discesa in campo.
Prima di tutto, guardando al ‘suo’ Michigan, laddove nel 2016 Trump prevalse su Hillary Rodham Clinton per lo zero ventitre per cento dei voti popolari.
È vero che ad oggi i sondaggi danno colà nettamente in testa Joe Biden ma la presenza di Amash può avere un suo peso.
Peso tutto da valutare sul piano nazionale.
I democratici temono in prospettiva che un pretendente come Amash (se sarà scelto, dato che come riportato e ripeto la ufficializzazione è di là da venire) possa raccogliere i voti di quanti tra loro non accettano Biden (non pochi) compresi alcuni ‘sandersiani’.
I repubblicani che porti via suffragi al campo di Trump sul versante dell’ala libertaria del GOP tradizionalmente esistente.
(A questo proposito, ricordo che, oltre al citato Gary Johnson – e al suo running mate nella circostanza Bill Weld – già il vecchio e carismatico Ron Paul, anni fa, uscendo temporaneamente dal Grand Old Party, aveva accettato la nomination libertariana).
È stato poi Justin Amash a suo tempo appoggiato dai Tea Party, un movimento oggi in seconda fila che può comunque tornare con lui a contare qualcosa.
Tutto da vedere.