Cassius Clay, Martin Luther e il Vietnam come ‘la guerra dei bianchi’

Certo, la Guerra del Vietnam fu indubbiamente tra le più contestate negli USA: un incredibile crescendo di malcontento, protesta e appunto contestazione e basti qui ricordare che se nelle prime settimane del 1965, quando ebbero inizio i bombardamenti sul Vietnam del Nord, nel parco municipale di Boston i dimostranti contro erano all’incirca un centinaio, il 15 ottobre 1969, nel medesimo luogo gli indignati contestatori del conflitto non erano meno di centomila.
Peraltro, tra i primi a dichiararsi assolutamente contrari indubbiamente i neri raccolti nel movimento per i diritti civili.

Un gruppo di uomini di colore del Mississippi, a metà 1965, distribuì un volantino che diceva:
“Nessun nero del Mississippi dovrebbe combattere in Vietnam… finché nel Mississippi tutta la popolazione nera non sarà libera”.
E fu solo l’inizio.
Seguirono discorsi di esponenti neri contro la leva, denunce delle predette associazioni per i diritti civili della politica johnsoniana in Indocina come di “una politica di aggressione in violazione del diritto internazionale”.

Ancora, e correva il 1967, eclatante per la notorietà del contestatore, il rifiuto (che gli sarebbe costato il titolo e provocò il momentaneo ritiro da parte degli organismi che governavano all’epoca il mondo delle dodici corde della sua licenza di boxeur) del nero campione del mondo di pugilato dei pesi massimi Cassius Clay/Mohammad Ali di prestare servizio in quella che definì ‘la guerra dei bianchi’.

Ecco, in proposito, quanto ebbe a dire, parlando alla Riverside Church di New York, il reverendo Martin Luther King:
“Questa follia deve cessare.
Dobbiamo fermarci adesso.
Parlo come figlio di Dio e fratello dei poveri che soffrono in Vietnam.
Parlo per coloro la cui terra viene devastata, le cui case vengono distrutte, la cui cultura viene sconvolta.
Parlo per i poveri d’America che stanno pagando un duplice prezzo: le loro speranze infrante in patria, la morte e la corruzione in Vietnam.
Parlo da cittadino del mondo, per il mondo che guarda atterrito il cammino che abbiamo intrapreso.
Parlo da americano ai leader della mia nazione.
Questa guerra è stata una nostra iniziativa, e nostra deve essere l’iniziativa di fermarla”.

Magnifico discorso, in specie ove si pensi a come i predicatori neri (e King era tra i più carismatici) parlavano ai fedeli, all’atmosfera che sapevano creare, alla partecipazione che suscitavano!

Nota bene.

Martin Luther King, politico e prima ancora pastore protestante, leader del Movimento per i Diritti Civili degli Afroamericani, pacifista e sulla scia gandhiana, non violento, nato ad Atlanta il 15 gennaio del 1929, studioso di alto profitto in campo teologico, fu estremamente importante e un vero riferimento altresì culturale e d’azione per i neri (certamente, non solo) impegnati nelle proteste e nei boicottaggi in particolare negli Stati del Sud in mano democratica ancora segregazionista.
Fu – tra le mille iniziative – guida della celebre ‘Marcia per il lavoro e la libertà su Washington’ del 28 agosto 1963.
Per quanto più volte in contatto con il Presidente Kennedy, non riscontrando concretezza nei suoi atti, lo accusò apertamente di essere in buona sostanza un parolaio.
Figura di grande rilievo internazionale, come si è sopra visto, fu contro la Guerra del Vietnam.
Verrà a morte per mano assassina a Menphis, il 4 aprile del 1968.
Due mesi e poco più dopo, a Los Angeles – aveva appena vinto le Primarie della California per la scelta dei Grandi Elettori che lo avrebbero dovuto accompagnare alla Convention nella quale contava di ottenere la Nomination democratica – sarà ucciso anche Bob Kennedy.

15 gennaio 2024