Del numero dei Rappresentanti e delle conseguenze quanto al Collegio Elettorale

Mentre il numero dei Senatori spettanti ad ogni Stato è fissato dalla Costituzione (due, a prescindere da quello degli abitanti, avendo pari dignità appunto gli Stati ed essendo il Senato il luogo nel quale questi sono rappresentati) quello dei Rappresentanti – così chiamati perché ‘rappresentano’ il popolo – è conseguente a due Leggi, la prima del 1911 (che ne stabilisce numero e distribuzione) e la seconda del 1929 (che definisce meglio i procedimenti inerenti).

Sono per conseguenza i Rappresentanti in totale quattrocentotrentacinque, distribuiti proporzionalmente tra gli Stati sulla base dei risultati del Censimento che si tiene dal 1790 negli anni con finale zero (il prossimo, quindi, nel 2020).

È interessante vedere quale influsso tali disposizioni abbiano relativamente alla consistenza numerica dei Grandi Elettori, Stato per Stato e in totale, e questo in ragione del fatto che l’elezione del Presidente – va ripetuto all’infinito – non è diretta (o ‘di primo grado’) ma mediata (o ‘di secondo grado’) ed è opera del Collegio Elettorale formato proprio dai più volte citati Grandi Elettori.

(Ricordo qui che questi ultimi sono eletti “il primo martedì dopo il primo lunedì del mese di novembre” dell’anno coincidente con il bisestile – giorno indicato come quello della elezione del Presidente, una finzione, cosa non vera – mentre l’effettiva nomina del Capo dello Stato ha luogo, salvo il caso nel quale nessuno tra i candidati abbia raggiunto la maggioranza assoluta degli eletti quando il tutto viene attribuito alla Camera che procederà in gennaio, ad opera del Collegio di cui si parla “il primo lunedì dopo il secondo mercoledì del mese di dicembre” successivo).

Può essere utile, al fine di comprendere come si procede in merito, guardare alla consistenza numerica dei Grandi Elettori nelle votazioni dal 1912 al 1956, precedenti quindi all’ingresso nell’Unione di Alaska ed Hawaii, valutando le differenze con le immediatamente successive del 1960 e quelle del 1964.

(È indispensabile qui ricordare che al numero totale dei Grandi Elettori si arriva sommando quelli delle delegazioni al Congresso dei singoli Stati la cui composizione è data dalla somma dei Senatori e dei Rappresentanti ai quali hanno diritto, la qual cosa significa che i Grandi Elettori sono in totale pari alla somma a livello federale di tutti i Congressisti: cento Senatori più quattrocento trentacinque Rappresentanti uguale cinquecentotrentacinque, con l’aggiunta successiva dei tre ai quali ha diritto il Distretto di Columbia e quindi, infine, cinquecentotrentotto).

Ora, fino al 1956, quarantotto essendo gli Stati e non avendo voce il Distretto di Columbia, i Grandi Elettori erano in totale cinquecentotrentuno e la maggioranza da raggiungere duecentosessantasei.

Poi, nel 1960, diventano cinquecentotrentasette (duecentosessantanove il quorum) arrivando quattro anni dopo, con l’aggiunta dei Grandi Elettori del Distretto, alla situazione che ben conosciamo: cinquecentotrentotto e quorum di duecentosettanta.

Ovviamente, dovesse entrare un cinquantunesimo Stato, i Grandi Elettori diventerebbero cinquecentoquaranta (e la maggioranza assoluta arriverebbe a duecentosettantuno) aggiungendosi solo i due Senatori di spettanza al nuovo arrivato e invece differentemente distribuendosi i quattrocentotrentacinque Rappresentanti.

Semplice, vero?