Determinante la durata delle crisi in atto

Mettiamola così.
Se le crisi in atto – quella dovuta alla pandemia ha scatenato e sostiene l’economica alla quale è seguita la sociale, davvero una catena infernale! – durano, Donald Trump è probabilmente spacciato.
Se il Paese ne esce o almeno inizia a percorrere una strada che faccia seriamente sperare, il tycoon può farcela.
(Andando indietro nel tempo, torna alla mente la rinuncia fatta nel 1968 da quel grande uomo e Presidente che fu Lyndon Johnson che, in anno quasi altrettanto orribile, per fare fronte alla situazione libero da impegni e pastoie elettorali dichiarò di non essere in competizione per un nuovo mandato.
Cosa oggi oramai pressoché impossibile faccia Trump).
Messa appunto così la faccenda – non molto onorevolmente davvero perché il risultato delle novembrine farebbe e fa talmente gioco e gola da far trascurare, e più, ad alcuni il bene comune, ma tant’è – v’è chi arriva ad augurarsi che prima del giorno fissato per le urne la predetta strada verso la luce lungi da aprirsi neppure si intraveda.
Faticherebbe in tale contesto, per quanto portato maggiormente sia rispetto al rivale all’ottimismo, a votare per il prosieguo dell’avventura (tale essendo la migliore definizione di quest’epoca ‘trumpiana’) il popolo repubblicano.
Mala tempora currunt.
Per quanto a volte si sia portati a chiedere dove mai e quando così non sia.