Gli sconfitti: Robert La Follette

In un’epoca (i primi decenni del Novecento) nella quale il progressismo sembrava dominare la vita politica e sociale americana tanto che numerosi esponenti di quella corrente – repubblicani o democratici che fossero, per quanto in numero inferiore questi ultimi – arrivarono ad occupare importantissimi governatorati (Hiram W. Johnson in California, Jeff Davis in Arkansas, James K. Vardaman in Mississippi, Hoke Smith in Georgia, Charles Evans Hughes nel New York e, naturalmente, Woodrow Wilson in New Jersey), ecco emergere la forte figura di Robert ‘Fighting Bob’ M. La Follette.
Uomo integerrimo e fiero, mai incline al compromesso, La Follette portò a termine un vasto programma di riforme nei sei anni nei quali fu Governatore del Wisconsin (1901/1906).
Affrancatosi dai vincoli della locale assemblea legislativa fortemente conservatrice, diede un efficace regolamento alle ferrovie, stabilì eque imposte sui redditi e a proposito di eredità, limitò fortemente la dirompente corruzione, regolò banche e compagnie di assicurazione, diminuì le ore di lavoro delle donne e dei bambini, adottò il sistema meritocratico nella nomina dei funzionari, impose le Primarie per la scelta dei candidati ad incarichi politici.
Elemento portante della sua rivoluzione (come altrimenti definirla?), la cosiddetta ‘Wisconsin Idea’ e cioè la strettissima collaborazione tra governo locale ed università i cui docenti fornivano pareri e consigli e facevano parte delle diverse commissioni create per studiare e risolvere i più differenti problemi amministrativi e sociali.
Theodore Roosevelt, guardando al Wisconsin di La Follette, parlò di “laboratorio della democrazia”.
Successivamente Senatore, il Nostro fu sconfitto alla Convention repubblicana in vista delle elezioni del 1912, pur avendo ottenuto nelle Primarie, adottate per la prima volta a livello nazionale, un discreto numero di delegati.
Contrario all’intervento americano nella Prima Guerra Mondiale, su questo fu acerrimo rivale di Wilson che, per il resto, aveva appoggiato.
Ancora una volta fuori dal coro, nel 1924 si oppose a Calvin Coolidge (che cercava una riconferma a White House) e al candidato democratico John W. Davis mettendosi alla testa di un nuovo movimento (non volle definirlo ‘partito’) progressista.
Il suo rivoluzionario programma prevedeva la lotta ai monopoli, la nazionalizzazione delle ferrovie e delle centrali elettriche, la diminuzione del dazi doganali, il sostegno federale all’agricoltura, l’elezione popolare dei giudici.
L’esito fu lusinghiero visto che, con soli duecentomila dollari di finanziamento per l’intera campagna e malgrado l’improvvisazione, perdendo dall’Incumbent, prevalse su Davis in undici Stati compresa la California e conquistò tredici delegati al Collegio nazionale.
Fu il suo canto del cigno.

16 aprile 2024