I partiti politici americani (a volo d’uccello)

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Tanti sono i movimenti politici USA di questi tempi riconosciuti.
Ovviamente, oggi – e a dire il vero dal 1856 quando si confrontarono la prima volta – i due partiti che si contendono la Presidenza, gli scranni congressuali, i Governatorati e le altre cariche elettive del Paese sono il Democratico e il Repubblicano.
Tentano da qualche decennio di avere una sia pur piccola voce in capitolo il Green e in specie il Libertarian Party.
Prima di arrivare ai predetti Asinelli (il simbolo dei democratici è un Asino) ed Elefantini (quello dei repubblicani – chiamati altresì GOP per via della definizione ‘Grand Old Party’ – è giustappunto un Elefante), una doverosa occhiata ai pochi partiti che hanno avuto almeno la possibilità di correre con qualche chance per White House.
Detto che il Padre della Patria e primo Capo dello Stato George Washington era un indipendente, va ricordato come, nel mentre quegli governava, due importanti movimenti andassero formandosi.
Il Federalista (alla guida massima solamente un quadriennio, con John Adams successore di Washington) e il Democratico/Repubblicano (che si imporrà e sarà ininterrottamente al governo dal 1801 al 1829 con Thomas Jefferson, James Madison, James Monroe e John Quincy Adams, quest’ultimo per un solo mandato, quando i precedenti per due a testa).
La differenziazione tra loro – semplificando oltre ogni misura e dire – in particolare sulla maggiore o minore incidenza del Governo sugli Stati e sulla maggiore o minore indipendenza dal Governo di questi.
È a seguito della dissoluzione (conseguente alle dure e divisive lotte per la Executive Mansion del 1824) del Democratico/Repubblicano che, con Andrew Jackson vincente nel 1828 e in carica dal 4 marzo 1829 (data memorabile) nasce e si afferma il Partito Democratico ancora oggi imperante.
A contrastare Jackson e i suoi, ecco i Whigs che riescono a vincere due volte (nel 1840 e nel 1848, rispettivamente con William Harrison e Zachary Taylor) per poi scomparire.
Una qualche importanza ha agli inizi dei Trenta dello stesso Ottocento il Partito Antimassonico perché è il primo ad introdurre nel sistema che seleziona i candidati la Convention.
(Strano ma vero, il momento nel quale, oggi non da oggi certamente, si conclude il percorso che conduce alla ufficializzazione del pretendente partitico a White House è nato temporalmente prima di Caucus e Primarie che invece, nell’iter, lo precedono).
Una qualche significanza ha anche il Free Soil Party che arriva al dunque, ma perde, nel 1848.
Siamo oramai in un clima di piena contrapposizione, in particolare quanto allo schiavismo che i Democratici del Sud sostengono a spada tratta.
È in questa temperie che origina nel 1854, avendo quale primo punto in programma proprio l’abolizione della schiavitù, il Partito Repubblicano.
Perde il candidato GOP (John Fremont) nel citato 1856.
Vince nel 1860 e il suo nome è Abraham Lincoln.
Conosciamo i conseguenti fatti: la Guerra di Secessione, gli Emendamenti che concedono il voto (agli uomini) a prescindere dalla razza, l’assassinio del Presidente…
I repubblicani dominano in seguito e vincono più o meno facilmente – sia pure con un doppio intervallo (Grover Cleveland, democratico, caso unico, governa per otto anni con un intermezzo) – addirittura fino al 1912 quando si dividono e perdono il confronto con Woodrow Wilson.
Nel mentre, nasce e coglie qualche parziale successo il Partito Populista.
È nei primi decenni del nuovo secolo che perfino il Partito Socialista si fa notare.
Non che ottenga grandi risultati, ma insomma…
I democratici tornano a governare davvero e a lungo a seguito del Crollo di Wall Street del 1929.
Vincono con Franklin Delano Roosevelt (l’unico Presidente eletto più di due volte, cosa dal 1951 impossibile) in quattro occasioni di fila e in una con Harry Truman.
Dopo i Cinquanta governati dal GOP Eisenhower, parte l’altalena.
I due movimenti, sostanzialmente, si alternano.
A ben guardare – del resto, sono stati loro a volere un approfondito esame della situazione e delle prospettive (l’esito fu definito ‘autopsia’!) – e per quanto alla Casa Bianca sieda un repubblicano, gli Elefantini non pare abbiano grandi prospettive in questa temperie, mentre gli Asinelli sembrano decisamente più ‘adatti’ e preparati al mondo che cambia.
In qualche modo, il Grand Old Party è costretto all’angolo, in difesa, su posizioni conservatrici che soprattutto le emergenti etnie non gradiscono.
Sta diventando – in un Paese nel quale gli Wasp (White, anglo-saxon, protestant) non sono più maggioranza – il ‘partito dei bianchi’.
Più vigoroso, probabilmente già oggi ma certamente (in politica, invero, mai nulla è sicuro) in prospettiva, il rivale nelle cui fila i riformatori radicali socialisteggianti vanno prendendo il sopravvento.
Terzi partiti capaci di portare una seria sfida non se ne vedono.
Ah, dimenticavo (in fondo è folklore): nel 1932, il Partito Comunista, sostenuto da molti intellettuali, pensò di potere avere un qualche seguito presentando William Zebulon Foster.
Pochissimi i voti, a dimostrazione che i predetti intellettuali, elettoralmente, non contano un fico secco!