I sondaggi dell’1 gennaio e i voti ‘veri’ (1)

Al primo gennaio del corrente 2020 – quando, all’improvviso, non abbiamo più avuto la possibilità di dire e scrivere “le elezioni del prossimo anno” e di contro l’obbligo di parlare delle “presidenziali di quest’anno” – i sondaggi davano Donald Trump al quarantadue e sei per cento.
Peggio di lui, a quella data, storicamente, dal 1948, solo Gerald Ford nel 1976 (trentanove e tre).
E, come tutti ricordano, il successore di Richard Nixon, nella circostanza, per quanto gli riuscisse di recuperare nell’urna (quattro punti e tre in più arrivando al quarantatre e sei), finì per essere defenestrato da Jimmy Carter.
Guardando agli altri precedenti (le situazioni nelle quali un Presidente in carica, come Trump oggi, cercava un secondo mandato), ecco l’interessantissima articolazione.
– 1948, Harry Truman all’1 gennaio era dato dalle rilevazioni sondaggistiche al cinquantaquattro per cento e pur perdendo oltre quattordici punti, approfittando delle candidature per così dire ‘alternative’ di J. Strom Thurmond e di Henry Agard Wallace che, disperdendo i voti, tolsero ossigeno al repubblicano Thomas Dewey, nel successivo novembre, prevalse (sorprendendo tutti perché negli ultimi giorni lo si dava perdente).
– 1956, Dwight Eisenhower l’1 gennaio vale settantacinque e cinque e alla fine, sia pure calando, si conferma con il sessantasette e nove sconfiggendo di bel nuovo (come quattro anni prima) il democratico Adlai Stevenson.
– 1964, Lyndon Johnson, per quanto riguarda lo specifico tema, stabilisce un record davvero impressionante: parte con il settantasei per cento nei sondaggi e chiude (demolendo il GOP Barry Goldwater, conquistando all’Asinello il Nord e provocando un duraturo terremoto geopolitico) con il settantaquattro dei voti ‘veri’.
– 1972, il repubblicano Richard Nixon all’1 gennaio è dato al cinquanta e sette, aumenta i consensi fino al sessantuno e tre novembrino e sbaraglia il povero democratico George McGovern.
(Del 1976 si è già detto tra le righe).
– 1980, Jimmy Carter inizia l’anno con un ottimo cinquantacinque e nove per cento.
Perde (record in materia) il diciotto per cento in dieci mesi (!) e viene travolto dal repubblicano Ronald Reagan.
– 1984, lo stesso Reagan invero distrugge il povero Mondale lasciandogli solo il natio Minnesota e il Distretto di Columbia, ma in termini di voti popolari, per quanto magnificamente distribuiti, non è stratosferico.
Parte con un sondaggio che gli dà il cinquantaquattro e uno e finisce a novembre con il cinquantasette e nove.
– 1992, George Herbert Bush gode di un confortevole quarantotto e nove per cento all’1 gennaio .
Disperde nel corso della campagna il sedici e tre (lo aiuta alla grande a perdere il terzo incomodo Ross Perot) e lascia White House al dem Bill Clinton.
– 1996, è la volta di Clinton di correre per la conferma.
Parte al fatidico 1 gennaio col cinquantadue e cinque e senza penare eccessivamente riporta su Bob Dole un migliore cinquantaquattro e sei.
– 2004, è nella circostanza George Walker Bush, repubblicano e in sella dal 2001, che si trova in partenza, nei sondaggi dell’1 gennaio, in vantaggio con un confortevole cinquantasei e sette per cento.
Perde nel corso della campagna e, ciò nonostante, riesce a respingere lo sfidante John Kerry mantenendo un discreto quarantotto e quattro.
– 2012, a caccia della conferma il dem Barack Obama.
All’inizio dell’anno conta su rilevazioni che lo danno al quarantacinque e sette.
Non granché.
Migliora, peraltro, e sconfigge il GOP Mitt Romney con un quarantanove e cinque.

Non resta che aspettare e verificare se, quanto e in quale direzione si muoverà il quarantadue e sei di Trump.
Ricordando peraltro che – come accaduto nel 1876, nel 1888, nel 2000 e nel 2016 (caso vuole, sempre a danno dei democratici!) – la percentuale (e il voto ‘vero’ nazionale novembrino) non sono determinanti perché con il winner takes all method assoluto si perde anche prendendo più suffragi popolari dell’avversario.

(1) I dati numerici forniti sono indicativi (ma certamente probanti) essendo diversi in molte circostanze gli ufficiali da quelli dettati dagli studiosi e dagli analisti.