Il candidato indipendente

“Repubblicani e Democratici sono impegnati solo in ripicche politiche e non fanno il bene del Paese”, così, preannunciando l’intenzione di correre per la Casa Bianca come indipendente su posizioni centriste l’ex ceo di Starbucks Howard Schultz.

Sta in verità ancora riflettendo in merito Schultz, la cui discesa in campo potrebbe riproporre a distanza di ben oltre vent’anni l’avventura di un altro miliardario che corse da indipendente, il texano Ross Perot.

Si era nel 1992.

A White House siede apparentemente imbattibile nella ricerca di un secondo mandato il repubblicano George Herbert Bush.

In lotta per la nomination democratica, tra molti, un giovane Governatore dell’Arkansas, Bill Clinton.

E appunto un ricchissimo texano decide di puntare fuori da ogni partito allo scranno presidenziale.

Non vince, lo sappiamo.

Ma raccoglie addirittura il diciannove per cento del voto popolare determinando – dicono molti analisti – la defenestrazione del GOP a favore del giovane Bill.

(Il riferimento è al Perot del 1992 e non a quello di quattro anni dopo, quando ci riprovò ma alla testa di un terzo movimento, il Reform Party).

Difficile pensare che davvero Howard Schultz sia in grado di ottenere grandi risultati da indipendente.

Pressoché impossibile che riesca ad avere il successo del primo Ross Perot.

(Ho appena scritto “pressoché impossibile” dimenticando che invece nella sfida per la Casa Bianca nulla è davvero impossibile come lo stesso Donald Trump ha dimostrato).