Il voto ebraico

Interessante l’articolo a firma David Harris pubblicato da L’Opinione in questi giorni.

L’autore, direttore esecutivo dell’American Jewish Committee, si sofferma sul voto ebraico negli USA.

Sul voto ma anche sugli ebrei nel tempo arrivati a ricoprire incarichi politici o giudiziari di alto rilievo.

Tutto ciò, partendo dalla considerazione del fatto che Bernie Sanders appartiene a una famiglia ebraica di New York.

(Per inciso, per quanto Harris al riguardo parli del senatore come del primo ebreo in lotta per la nomination in uno dei due partiti maggiori, così non è visto che Barry Goldwater, candidato repubblicano nel 1964, era di famiglia di origini ebraiche).

Il voto ebraico – rileva correttamente l’articolista – è oramai svincolato da appartenenze religiose e i molti ebrei che si recano alle urne (in percentuale superiore rispetto alla norma) votano guardando ai candidati e ai programmi.

Significativo però il fatto che l’ultimo candidato repubblicano capace di ottenere il suffragio del quaranta per cento tra loro fu addirittura Ronald Reagan e che nel 2000 George Walker Bush fu votato solo dall’undici per cento degli ebrei.

E Trump?

Quale mai sarà il suo gradimento tra costoro?

(Va sottolineata una particolare circostanza: sia la figlia di Hillary che una delle figlie di The Donald sono oggi di religione ebraica).