Obiettivo Casa Bianca

Per cominciare, la dimora presidenziale – inaugurata nell’anno 1800, esattamente l’1 novembre, è stata per lungo tempo denominata Executive Mansion.
Bruciata dagli Inglesi il 24 agosto del 1814 (‘Guerra del 1812’ ancora in corso di svolgimento), fu riedificata.
Ovviamente, White House dal colore esterno.
Il Presidente degli Stati Uniti d’America viene eletto dai delegati (i cosiddetti Elettori con l’iniziale maiuscola per distinguerli da quelli comuni) dei singoli Stati componenti l’Unione e non direttamente dai cittadini.
Si tratta pertanto di una ‘elezione di secondo grado’.
I citati Elettori (che formano il Collegio Elettorale) sono attualmente (dalle votazioni del 1964, allorquando tutti i cinquanta Stati e il District of Columbia furono ammessi alle urne, in poi) cinquecentotrentotto, ragione per la quale la maggioranza assoluta degli stessi, che garantisce la conquista dello scranno presidenziale, è pari a duecentosettanta.
Ogni Stato (una regola specifica concerne in merito il predetto District) ha diritto alla nomina di tanti Elettori quanti sono i suoi parlamentari federali: Senatori più Rappresentanti.
L’effettiva nomina del Presidente – lo ripetiamo – è opera del citato Collegio Elettorale e, ovviamente, avviene in data successiva alla scelta attraverso il voto popolare dei signori che lo compongono.
Le prime Elezioni – denominate Presidenziali, ma che, va ripetuto alla noia, in verità promuovono gli Elettori – hanno avuto luogo dal 15 dicembre 1788 al 10 gennaio 1789 (le uniche che si siano svolte anche in un anno dispari).
Dal 1792 – quando ebbero luogo le seconde – essendo il mandato quadriennale, si effettuano (tale era il 1792) in coincidenza con l’anno bisestile (1).
Dal 1804, al candidato di ogni partito alla carica di Capo dello Stato si aggiunge, a formare un in precedenza non previsto ticket, quello alla Vice Presidenza.
Il primo Presidente eletto, George Washington, si è insediato il 30 aprile 1789.
Il Vice John Adams, il precedente 21 aprile, mai più accaduto.
Si è votato per la prima volta in un solo giorno nel 1848.
In precedenza i seggi erano aperti per poco più di un mese comprendendo comunque in ogni circostanza – esclusa la predetta votazione tra fine 1788 e inizio 1789 – larga parte di, se non tutto, novembre.
È ad iniziare dallo stesso 1848 che si è deciso che l’elezione dei Grandi Elettori deve avere luogo “il primo martedì dopo il primo lunedì del mese di novembre” dell’anno coincidente (si è visto perché) con il bisestile.
Non semplicemente il primo martedì (giorno settimanale ritenuto confacente) perché potrebbe coincidere con Ognissanti, ventiquattr’ore nelle quali, come di domenica, non si può votare (erano tempi nei quali la religione aveva assolutamente voce anche in capitolo).
È dipoi stato determinato che gli Elettori provvedano alla effettiva nomina del Presidente “il primo lunedì dopo il secondo mercoledì del successivo dicembre”.
Il deliberato del Collegio Elettorale viene comunicato al Congresso che, insediato a partire dal 3, lo ratifica il 6 gennaio del seguente anno.
Il nuovo o confermato Capo dello Stato giura davanti al Presidente della Corte Suprema e si insedia il successivo 20 gennaio alle ore 12.
Per inciso, dal 1793 – anno seguente le seconde votazioni – al 1933 la cerimonia ora ricordata aveva luogo il 4 di marzo (giorno nel quale nel 1789 era stata promulgata la Costituzione) sempre dell’anno dopo quello elettorale.
È possibile – ed è accaduto nel 1824 – solo nell’ipotesi in cui i candidati in grado di conquistare Elettori siano tre o di più, che nessuno tra loro raggiunga la maggioranza assoluta.
Nel caso, non potendo il Collegio Elettorale adempiere al proprio compito, l’elezione spetta alla rinnovata Camera dei Rappresentanti nel cui ambito, nei ballottaggi, dal successivo gennaio e fino a deliberazione, non votano i singoli membri ma le Delegazioni statali ciascuna delle quali conta uno (ragione per la quale, in questa estrema circostanza, il ‘peso’ del Wyoming e quello della California, i due Stati agli estremi guardando al numero degli abitanti, è lo stesso).
Ancora, la medesima situazione – è capitato nel 1836 – può concernere il Vice Presidente.
Nel caso, la nomina spetta, dal seguente gennaio, al Senato, laddove di contro i singoli membri votano personalmente non contando le Delegazioni.
Il Partito Democratico (detto, come altresì i suoi esponenti ed elettori, dell’Asino o dell’Asinello perché il suo simbolo è appunto il somaro) e quello Repubblicano (detto come i suoi esponenti ed elettori, per la stessa ragione, dell’Elefante o dell’Elefantino, come pure GOP, acronimo per Grand Old Party) si confrontano direttamente dalla tornata elettorale del 1856, essendo stato fondato il Repubblicano nel 1854.
In precedenza, dopo i due mandati del Padre della Patria George Washington, indipendente, altri tre partiti erano arrivati ad occupare la poltrona presidenziale: i Federalisti (uno soltanto l’eletto), i Democratico/Repubblicani (quattro), i Whig (due).
Le votazioni ultime in programma il trascorso 3 novembre 2020 sono state le cinquantanovesime.
Quelle in calendario il 5 novembre 2024, pertanto, saranno le sessantesime.
I Presidenti, compresi i Vice subentrati (otto a seguito del decesso del titolare e uno dopo le dimissioni dello stesso) in corso di mandato sono numericamente, Joe Biden conteggiato, quarantasei.
Le persone che nel tempo hanno ricoperto l’incarico, invece, quarantacinque perché Grover Cleveland, il solo eletto due volte non consecutivamente, è nell’elenco sia come ventiduesimo che quale ventiquattresimo Capo dello Stato.
Come noto, dalla introduzione del Ventiduesimo Emendamento datato 1951 non è possibile essere eletti più di due volte (di tale argomento si parlerà più diffusamente nelle righe poste verso fine dettato).
Va ricordato che il sistema è bicamerale articolandosi il Parlamento (Congresso) in due consessi: il Senato e la Camera dei Rappresentanti.
Ogni Stato, avendo pari dignità e prescindendo dal numero degli abitanti, ha due Senatori.
Cinquanta essendo dal 1959 gli Stati, cento sono i Senatori.
(È pertanto del tutto errato affermare sic et simpliciter che gli USA abbiano cento Laticlavi perché è così solo dal 1959, quando furono ammessi all’Unione Alaska e Hawaii, essendo ovviamente in precedenza meno e, ove in futuro si aggiungesse un altro membro, arrivando a centodue).
Ogni Stato ha altresì diritto a un numero (in totale sono quattrocentotrentacinque) di Rappresentanti proporzionale invece alla consistenza della propria popolazione quale risulta dai censimenti in programma ogni dieci anni a partire dal 1790 (l’ultimo nel trascorso 2020, quindi).
Il mandato dei Senatori è di sei anni.
Quello dei Rappresentanti di due.
Non sono qui previsti limiti alle rielezioni.
Nel mentre la Camera si rinnova totalmente sia in coincidenza con la votazione per gli Elettori che a metà del mandato presidenziale (Mid TermElections), i Senatori, divisi in tre classi, sono rinnovati per un terzo ogni due anni.
Gli Stati che nella maggioranza dei casi votano democratico sono chiamati ‘Blue States’.
Quelli che si esprimono usualmente per i repubblicani ‘Red States’.
Gli Stati che spesso cambiano opinione vengono definiti ‘Swing States’ e sono di sovente quelli decisivi.
Una necessaria precisazione: si può essere eletti Presidenti (è accaduto nel 1876, nel 1888, nel 2000 e nel 2016) prendendo a livello nazionale meno voti popolari del rivale.
Questo perché – il riferimento è alla situazione come si presenta attualmente essendo ovviamente cinquanta i membri della Federazione come detto solo dal 1959 – in quarantotto Stati (Maine e Nebraska esclusi perché le leggi in merito sono di competenza statale) gli Elettori vengono assegnati col ‘Winner takes all Method’ che comporta l’attribuzione in ciascun territorio dei delegati ai quali il territorio stesso ha diritto al candidato che abbia colà ricevuto il maggior numero di voti popolari, fosse anche solo uno il suffragio in più decisivo.
Per capirci, guardando alle elezioni del 2016, Hillary Rodham Clinton ha sì preso molti voti popolari in più di Donald Trump ma particolarmente in California, sprecandoli (si deve pur dire), visto che le sarebbe bastato prevalere nel Golden State di infinitamente meno.
Ciò detto riguardo alla votazione per gli Elettori e a quella conseguente del Collegio degli stessi, poche parole sul processo interno ai partiti per la scelta (Nomination) dei candidati a White House.
Si articola oggi e da tempo (non da sempre essendosi evoluta e completata) la relativa procedura attraverso il meccanismo di Caucus e Primarie, differenti votazioni interne ai partiti, che consentono, secondo regole particolari dettate dai movimenti politici stessi, la nomina dei delegati poi partecipanti alle Convention (i Congressi) estive nel corso delle quali vengono ufficializzate le candidature per la Presidenza e per il ruolo vicario.
Da ricordare sempre che negli Stati Uniti raggiungendo i diciotto anni si ha diritto di votare ma che occorre dimostrare che si intende voler esercitare tale diritto, cosa che si fa iscrivendosi alle Liste Elettorali.
(È compiendo questo atto che si può – non è obbligatorio e naturalmente non costringe in seguito a votare conseguentemente – dichiarare la propria preferenza/affiliazione partitica, la quale affermazione serve in vista delle Nomination in sede di Primarie perché, quando ‘chiuse’ – altrimenti sono ‘aperte’ – riguarderanno solamente coloro che nella circostanza si sono espressi per il movimento politico che le indice).
Infine (mille altre sarebbero le cose specifiche da dire, ma tant’è), dal 1951, un Emendamento costituzionale vieta che un qualsiasi candidato possa essere eletto più di due volte.
Attenzione “eletto”, che la seconda affermazione sia di fila o eventualmente con un intervallo non importa.
Il limite in temine di giorni è di duemilanovecentoventidue, pari a due interi quadrienni.
Tale limite può essere superato solo da un Vice (quale è stato per esempio Lyndon Johnson, anche se poi non usufruì della possibilità) cui, essendo subentrato nel corso del secondo biennio di governo del predecessore, sono permesse due elezioni ‘in proprio’.
Lo stesso non è consentito a un Vice che sia succeduto nel corso del primo biennio del titolare.
Infine, infine: per quanto siano (dalla seconda metà dell’Ottocento e con qualche poco numericamente importante incursione) soltanto due – lo sappiamo, Democratico e Repubblicano – i partiti che propongono uomini davvero in grado di arrivare alla Presidenza, i candidati sono ogni volta molti di più (erano all’incirca mille in vista del 3 novembre 2020): indipendenti, in rappresentanza di movimenti politici di poca o scarsissima presa, di istanze locali (è possibile candidarsi anche in un solo o in alcuni Stati), quant’altro.
È il sistema elettorale che seleziona.
Quanto alle consorti dei Presidenti, davvero incredibile che la Signora Dandridge Custis in Washington si chiamasse Martha visto che nell’originale aramaico appunto Martha significa ‘padrona di casa’.
Per la necessaria precisione, per quanto così venga definita, essa non fu una First Lady visto che l’appellativo in questione, poi diventato usuale, venne dettato per la prima volta riguardo alla vedova di Madison Dolly Payne in occasione dei suoi funerali nel 1836.

(1)
E’ opportuno qui ricordare che gli anni 1800 e 1900, non essendo divisibili per quattrocento, non sono, ai sensi del Calendario Gregoriano, bisesti come invece il 2000.

Appendice
I quarantasei Presidenti con le appartenenze partitiche e le date di permanenza alla Executive Mansion:

George Washington (indipendente, 30 aprile 1789/4 marzo 1797)
John Adams (federalista, 4 marzo 1797/4 marzo 1801)
Thomas Jefferson (democratico-repubblicano, 4 marzo 1801/4 marzo 1809)
James Madison (democratico-repubblicano, 4 marzo 1809/4 marzo 1817)
James Monroe (democratico-repubblicano, 4 marzo 1817/4 marzo 1825)
John Quincy Adams (democratico-repubblicano, 4 marzo 1825/4 marzo 1829)
Andrew Jackson (democratico, 4 marzo 1829/4 marzo 1837)
Martin Van Buren (democratico, 4 marzo 1837/4 marzo 1841)
William Harrison (whig, 4 marzo 1841/4 aprile 1841)
John Tyler (whig, 6 aprile 1841/4 marzo 1845)
James Polk (democratico, 4 marzo 1845/3 marzo 1849)
Zachary Taylor (whig, 4 marzo 1849/9 luglio 1850)
Millard Fillmore (whig, 10 luglio 1850/4 marzo 1853)
Franklin Pierce (democratico, 4 marzo 1853/4 marzo 1857)
James Buchanan (democratico, 4 marzo 1857/4 marzo 1861)
Abraham Lincoln (repubblicano, 4 marzo 1861/15 aprile 1865)
Andrew Johnson (democratico ma incluso nel secondo ticket con Lincoln, 15 aprile 1865/4 marzo 1869)
Ulysses Grant (repubblicano, 4 marzo 1869/4 marzo 1877)
Rutherford Hayes (repubblicano, 4 marzo 1877/4 marzo 1881)
James Garfield (repubblicano, 4 marzo 1881/19 settembre 1881)
Chester Arthur (repubblicano, 20 settembre 1881/4 marzo 1885)
Grover Cleveland (democratico, 4 marzo 1885/4 marzo 1889)
Benjamin Harrison (repubblicano, 4 marzo 1889/4 marzo 1893)
Grover Cleveland (democratico, 4 marzo 1893/4 marzo 1897)
William McKinley (repubblicano, 4 marzo 1897/14 settembre 1901)
Theodore Roosevelt (repubblicano, 14 settembre 1901/4 marzo 1909)
William Taft (repubblicano, 4 marzo 1909/4 marzo 1913)
Woodrow Wilson (democratico, 4 marzo 1913/4 marzo 1921)
Warren Harding (repubblicano, 4 marzo 1921/2 agosto 1923)
Calvin Coolidge (repubblicano, 3 agosto 1923/4 marzo 1929)
Herbert Hoover (repubblicano, 4 marzo 1929/4 marzo 1933)
Franklin Delano Roosevelt (democratico, 4 marzo 1933/12 aprile 1945)
Harry Truman (democratico, 12 aprile 1945/20 gennaio 1953)
Dwhigt Eisenhower (repubblicano, 20 gennaio 1953/20 gennaio 1961)
John Kennedy (democratico, 20 gennaio 1961/22 novembre 1963)
Lyndon Johnson (democratico, 22 novembre 1963/20 gennaio 1969)
Richard Nixon (repubblicano, 20 gennaio 1969/9 agosto 1974)
Gerald Ford (repubblicano, 9 agosto 1974/20 gennaio 1977)
Jimmy Carter (democratico, 20 gennaio 1977/20 gennaio 1981)
Ronald Reagan (repubblicano, 20 gennaio 1981/20 gennaio 1989)
George Herbert Bush (repubblicano, 20 gennaio 1989/20 gennaio 1993)
Bill Clinton (democratico, 20 gennaio 1993/20 gennaio 2001)
George Walker Bush (repubblicano, 20 gennaio 2001/20 gennaio 2009)
Barack Obama (democratico, 20 gennaio 2009/20 gennaio 2017)
Donald Trump (repubblicano, 20 gennaio 2017/20 gennaio 2021)
Joe Biden (democratico, 20 gennaio 2021/…)

12 gennaio 2024