Interessi (democratici) e sentimenti (repubblicani)

Fa bene, di quando in quando, tornare a leggere di oramai, se non antiche, di certo datate campagne per White House.
Fa bene se, come accade scorrendo le righe dedicate da un assai più attento di altri analista nel 1984 agli schieramenti partitici all’epoca in contrapposizione, si trova affermato nero su bianco che “il democratico è il movimento degli interessi mentre il repubblicano è quello dei sentimenti”.
Era vero allora mentre la coalizione di poteri che si vedeva costretta e messa in disparte da Ronald Reagan si stringeva invano attorno a Walter Mondale per cercare di non essere travolta, ed esserlo.
È stato dipoi vero per i due Clinton (massimamente per Hillary, la candidata che ‘doveva’ vincere).
Lo è stato (con un successo fortemente condizionato – determinato? – dalla pandemia) in questo 2020, laddove Joe Biden cos’altro ha rappresentato andando con l’appoggio assoluto degli establishment all’assalto di uno sgangherato e grezzo sostenitore degli antichi sentimenti quale si è palesato Donald Trump se non appunto il mondo dei più intrecciati poteri?
E basti ancora una volta guardare alle (per carità, ‘oscurantiste’) posizioni etico/religiose, al rifiuto che proprio il comune sentimento ha opposto al ‘progressismo’, alle ‘riforme liberal’, in verità ‘sinistre’ ed avvilenti, per comprendere l’essenza della battaglia.
Persa nel declino.
Probabilmente, in futuro, senza scampo
Parafrasando Chateaubriand, ahi noi, sempre più gli uomini che accettano infine di buon grado l’immoralità quando loro all’infinito proposta.