Ipotesi ‘terzo uomo’?

E se il partito repubblicano si spaccasse?

Se l’oramai certo trionfo, la sicura nomination di Donald Trump risultassero troppo indigesti a qualcuno obbligandolo ad uscire per candidarsi come ‘la vera anima GOP’ che il tycoon nuovayorchese non rappresenta?

Certo, il Gran Old Party è in crisi, in una drammatica crisi.

E certamente al suo interno non pochi si chiamano fuori.

Si pensi ai Bush, a Mitt Romney, pare perfino allo speaker Paul Ryan.

Hanno costoro dichiarato che non faranno campagna a favore di Trump.

Brutto affare.

Ma, per quanto difficilissima, la situazione si può aggiustare se i ‘trumpisti’ della prima ora o quasi (per esempio, Chris Christie, Newt Gingrich, Rudolph Giuliani…)  e i ‘pontieri’ che in queste ore cercano di intervenire, riescono almeno a calmare le acque.

Certo, però, che un bel ‘terzo uomo’ (o ‘terza donna’) ci starebbe bene.

Affosserebbe le residue speranze del GOP di tornare a White House ma renderebbe ancora più interessante questa già eccezionalmente travagliata e contesa campagna 2016.

(Per inciso, l’ultima volta in ordine di tempo in cui un candidato indipendente ha avuto davvero peso in una general election spostando masse di voti è stato nel 1992 – quattro anni dopo, i risultati furono assai meno significativi – allorquando il miliardario texano Ross Perot, pur non conquistando neanche uno Stato, raccogliendo in specie a destra i voti e raggiungendo un ragguardevolissimo diciannove per cento dei suffragi espressi, permise in buona sostanza a Bill Clinton di defenestrare George Herbert Bush).