James Buchanan, eletto nel 1856

Parlare male di James Buchanan – collocato in tutte le classifiche concernenti gli uomini di Stato americani invariabilmente agli ultimi posti – è sempre stato facile.
Talmente usuale che contro tale abitudine si scagliò John Kennedy quando sostenne che solo chi avesse saputo affrontare meglio le varie incombenze e difficoltà incontrate nel governare da quel misconosciuto Presidente avrebbe avuto ragione di farlo.
(Al di là del caso specifico, è certamente la mancata contestualizzazione ragione di giudizi spesso raffazzonati quando non ingiusti).
Era, peraltro, il Nostro uomo discusso (a parte le questioni riguardanti la sua omosessualità) per una irresolutezza nell’assumere le decisioni più importanti come fra l’altro certificato dal giudizio negativo che di questa sua caratteristica aveva a suo tempo dato James Polk che aveva servito come Segretario di Stato.
Divenne Buchanan Presidente in un momento nel quale, ferocemente contrapponendosi (la Guerra di Secessione era alle porte) i difensori dello schiavismo e gli abolizionisti, essendo egli Ambasciatore in Gran Bretagna e quindi lontano, appariva sullo spinosissimo tema sostanzialmente neutrale.
Detiene l’ultimo democratico a White House – non brigò per un secondo mandato tenendo fede alla promessa fatta – prima di una lunga sequenza di repubblicani (in sella dal 1861 al 1885) tre record.
È il primo Presidente che rischiò di finire sotto Impeachment (la Commissione camerale che esaminò il tema decise altrimenti).
È l’unico non sposato (abbiamo accennato alle sue ‘preferenze’).
È il primo Capo dello Stato il cui insediamento venne fotografato.