La Corte Suprema degli Stati Uniti d’America

Semplificando a volte brutalmente, data l’impossibilità di allargare come sarebbe dovuto in questo ambito il complesso, assai articolato, tema:

La Corte Suprema degli USA è l’unico organo giudiziario espressamente previsto dalla Costituzione americana che, accanto ad esso, elenca “quelle Corti minori che il Congresso potrà, di tempo in tempo, creare e costituire” (ed, ovviamente, se del caso, sopprimere, in mancanza di una espressa garanzia costituzionale, concessa, quindi, solo alla Corte stessa).
Risulta, quindi, del tutto evidente che nella mente dei partecipanti alla Convenzione dalla quale trasse origine la Costituzione degli Stati Uniti la Corte Suprema doveva essere il più alto Tribunale Federale cui era affidato il compito prevalente di una uniforme applicazione del diritto in tutti gli USA ed una funzione equilibratrice, di garanzia del corretto andamento del meccanismo federale.
Ma c’è di più, poiché un’ulteriore prerogativa spettante alla stessa Corte consiste nella cosiddetta ‘judicial review’ e cioè nel controllo di costituzionalità delle leggi, siano esse statali o federali.
Cosicché la Corte Suprema finisce con il cumulare, grosso modo, quelli che sono in Italia i compiti della Corte di Cassazione e di quella Costituzionale.
E’ questa seconda la funzione privilegiata sulla quale si è costituito il notevole potere dell’organo che è considerato l’autentico interprete della Costituzione scritta il che ha consentito, attraverso una giurisprudenza evolutiva o addirittura creatrice (contro tale ultima ‘evoluzione’ propria dei ‘liberal’ progressisti si battono gli ‘originalisti’ conservatori che intendono attenersi strettamente al disposto), ad un testo approvato oltre due secoli orsono di continuare ad essere all’altezza delle necessità.
Stando al dettato della Carta, i giudici appartenenti alla Corte Suprema devono essere nominati (come gli alti Funzionari statali, gli Ambasciatori e gli altri Giudici Federali) dal Presidente, con il consenso del Senato, e, a garanzia della loro indipendenza, la stessa legge istitutiva prevede che il nominato goda della ‘inamovibilità’ (è, pertanto, in carica a vita) e della ‘intangibilità del trattamento economico’ (l’indennizzo, secondo per entità solo a quello del Capo dello Stato, non può essere diminuito per nessuna ragione né tassato).
Pertanto, il giudice federale, al riparo da ogni possibile influenza così del Parlamento che del Presidente, una volta nominato è libero di esprimere le proprie indipendenti valutazioni.
Attualmente, il numero dei giudici è fissato in nove compreso il Presidente (‘Chief’).

P.S. 1
L’importanza della Corte Suprema nella vita politico-istituzionale degli Stati Uniti non fu storicamente immediatamente colta dai suoi membri e, tantomeno, dai suoi primi Presidenti.
E’ solo con la nomina di John Marshall, poi in carica dal 1801 al 1835, che ci si rese conto dell’importanza dell’azione della Corte.
Marshall, insediato dallo sconfitto John Adams secondo leggenda la mezzanotte dell’ultimo giorno di permanenza in carica quale Presidente (in verità, leggermente prima), fu l’esponente del movimento federalista che più incise sulla politica americana proprio perché per trentacinque anni a capo della Corte Suprema, alla quale seppe dare consistenza e rilievo al di là dell’immaginabile.

P.S. 2
Spesso e particolarmente negli anni nei quali governava Franklin Delano Roosevelt, il potere politico ha cercato di prevaricare la Corte Suprema, mai, peraltro, riuscendovi.
Il predetto F.D. Roosevelt, contrariato da una serie di decisioni avverse, confermato per un secondo mandato nel 1936, considerata l’età dei sei membri a lui contrari in carica, propose che da quel momento il Presidente USA fosse autorizzato a nominare un giudice in soprannumero per ogni componente della Corte che avesse superato i settant’anni senza lasciare volontariamente l’incarico.
L’idea fu ritirata, tanto vibranti furono in proposito le rimostranze anche popolari.

P.S. 3
Memorabili i molti contrasti tra un Capo dello Stato designante un giudice e un Senato a lui contrapposto o, anche se recante una maggioranza a lui favorevole, ostile in una minoranza combattiva.
Gli ultimi in ordine di tempo quelli vissuti tra Donald Trump e i laticlavi democratici che, prima di comunque soccombere, si sono opposti in ogni possibile modo alla nomina prima di Neil Gorsuch e poi di Neil Kavanaugh.