La sfida di Ted Kennedy a Jimmy Carter

Usualmente, il Presidente in carica che cerchi un secondo mandato non trova opposizioni quanto alla nuova nomination.

Questo almeno di recente.

Si pensi a Bill Clinton, George Walker Bush e Barack Obama, per dire.

Non così in anni più lontani.

Lyndon Johnson si ritirò dalla competizione è vero per le difficoltà concernenti la conduzione della fase in corso nel 1968 della Guerra del Vietnam ma anche avendo constatato che la contestazione interna al partito democratico nei suoi riguardi trovava modo di esprimersi sostenendo Eugene McCarthy.

Nel 1976, l’allora incumbent Gerald Ford (repubblicano) dovette davvero sudare le proverbiali sette camicie per respingere in sede di Convention e dopo una faticosa battaglia nel corso delle Primarie Ronald Reagan.

Quattro anni dopo, toccò a Jimmy Carter – che aveva vinto proprio contro Ford – affrontare una feroce sfida nuovamente – dopo quella appena iniziata e subito finita Johnson/McCarthy sopra descritta – all’interno del partito dell’asino.

Fatto è che il 1979 si era dimostrato un anno a dir poco difficile per gli Stati Uniti.

La crisi iraniana conseguente la caduta di Reza Pahlavi e il ritorno di Ruhollah Khomeiny, i gravi effetti economici interni, la successiva presa degli ostaggi americani all’ambasciata di Teheran da parte dei ‘pasdaran’, le incertezze dimostrate da Carter e dal suo Governo, fra l’altro rivoluzionato, convinsero il Senatore Ted Kennedy che fosse necessario sfidarlo per sottrargli la nomination.

I dati dei sondaggi davano ad inizio novembre 1979 Kennedy in netto vantaggio, praticamente certo della vittoria.

Ad invertire le rilevazioni e a rilanciare il Presidente il fattore ‘round the flag effect’ che, di fronte alla citata situazione nella sede diplomatica della capitale iraniana, portò il Paese a riunirsi attorno alla Casa Bianca sostenendone nel bisogno il titolare.

Non poco, dipoi, contò a questo fine anche l’invasione dell’Afghanistan da parte dei Sovietici in dicembre,

Fu così che Carter nel 1980 vinse sia in Iowa che nel New Hampshire e praticamente sempre nelle Primarie iniziali tranne che nel Massachusetts.

Poi, considerando gli elettori alla lunga poco concreta e inconcludente la conduzione della crisi iraniana da parte del Presidente, le cose cambiarono e Ted si impose nel New York e in Connecticut.

Fallito disastrosamente un tentativo di liberare gli ostaggi, Kennedy vinse anche in California e nel New Jersey.

Ciononostante, il Capo dello Stato in carica tenne duro a in agosto, al Madison Square Garden di New York, la Convention ne ufficializzò la ricandidatura.

Si pensi a quanto possa influire negli USA la lunghezza della campagna elettorale interna ai partiti, lunghezza che porta a dovere affrontare situazioni interne o, come nel caso, internazionali non prevedibili e dal punto di vista dell’esito a volte se non spesso determinanti.