La sostanziale continuità elettorale tra il 1864 e il 1928

Conseguenze elettorali dell’immigrazione nei cinquant’anni e più successivi alla Guerra di Secessione?
Considerato il fatto che nel periodo 1870/1920 arrivarono ufficialmente negli Stati Uniti d’America dall’Europa all’incirca ventisei milioni di persone (molto più difficili i conteggi relativi agli Asiatici – Cinesi, Giapponesi e Filippini in particolare) e cioè due volte e mezzo il numero di quanti avevano raggiunto quelle terre nei duecentocinquant’anni precedenti, ci si può meravigliare della sostanziale tenuta elettorale del Paese per tutto quel tempo.
I repubblicani, difatti – alla Casa Bianca per la prima volta con Abraham Lincoln dal 4 marzo 1861 – vinsero a ripetizione (salvo i due mandati non consecutivi di Grover Cleveland) fino al 1908 incluso e avrebbero certamente rivinto nel 1912 se non si fossero divisi votando per il tornante Teddy Roosevelt e per l’incumbent William Taft.
È pur vero che gli aventi diritto erano relativamente pochi.
Ma è altresì vero che, nell’ambito degli stessi, la partecipazione alle urne, l’affluenza, fu costantemente alta (la più alta della storia toccando un picco dell’ottantuno e otto e arrivando in altre occasioni sopra il settantanove per cento).
A ben guardare, superata la nuova parentesi dem incarnata in Woodrow Wilson, sarà necessario arrivare al dopo Crollo di Wall Street e alla Grande Depressione perché i votanti – dal 1920 ammesse anche le donne e non pochi sopravvenuti (1) ancora – voltassero le spalle al Grand Old Party convergendo su Franklin Delano Roosevelt.

(1) Nel 1910 a New York – riporta il Maldwyn Jones – vivevano più Italiani che a Napoli, più Tedeschi che ad Amburgo, il doppio degli Irlandesi abitanti a Dublino, più Ebrei di quelli residenti nell’intera Europa Occidentale

3 maggio 2024