Le successioni alla ‘Executive Mansion’ guardando infine all’oggi

Le prime cosiddette Presidenziali Americane (il suffragio popolare non è ‘diretto’ ma di ‘secondo grado’ perché sono poi i Grandi Elettori votati al momento stabilito, variato nel tempo, ad eleggere effettivamente il Capo dello Stato) ebbero luogo tra il 15 dicembre del 1788 e il 10 gennaio 1789.
(Fu quella la sola occasione nella quale i cittadini furono chiamati alle urne anche in un anno dispari).
I seggi, da allora e fino al 1844 compreso, restarono aperti all’incirca un mese (sempre, dal 1792, comprendente il novembre dell’anno bisestile).
L’entrata in carica del Presidente era fissata al 4 marzo seguente, durante la Cerimonia dell’Insediamento (ovviamente comprendente il Giuramento sulla Bibbia).
Dal 1848, la chiamata alle urne per, ripetiamo, scegliere i Grandi Elettori, è fissata (Legge del gennaio del 1845) al “primo martedì dopo il primo lunedì del mese di novembre” dell’anno bisestile (era tale, ricordiamo, il 1792 e durando il mandato quattro anni…)
La prima entrata in carica (George Washington) fu del tutto anomala e cadde il 30 aprile del 1789.
Dalla seconda (ancora Washington) e fino all’entrata in vigore di un Emendamento Costituzionale del 1933, il Presidente (salvo i casi di successione ‘mortis causa’ quando subentrava, evidentemente non a data prestabilita, il Vice) si insediava il 4 marzo dell’anno successivo a quello elettorale.
Dal 1937 – applicandosi il citato Emendamento e in occasione della inaugurazione del secondo quadriennio di Franklin Delano Roosevelt – il Capo dello Stato giura e si insedia invece anticipatamente, a mezzogiorno del 20 di gennaio.
Il periodo intercorrente tra la votazione e l’Insediamento ha portato in non poi pochissime circostanze (naturalmente, in particolare quando al Presidente in cerca di un rinnovo di mandato succedeva uno sfidante di opposto partito in grado di batterlo) a situazioni difficili.
Va qui ribadito che fino al momento del subentro, per quanto possa essere stato sconfitto, l’inquilino della Executive Mansion è Presidente con tutti gli attributi del caso.
Periodo quello della attesa del passaggio delle consegne nel quale contrasti personali (altroché!) e partitici estremi orientano.
Non pochissimi i Presidenti sconfitti che non hanno partecipato alla Cerimonia riguardante il successore.
Straordinariamente estrema (i due non si sopportavano e comunque il precedente del 1824 li rendeva nemici) la data del 4 marzo 1829 allorquando all’aristocratico (nel senso USA del termine) John Quincy Adams ebbe a succedere Andrew Jackson, dipoi ritenuto il primo democratico a White House.
Nel caso dei primi mesi del 1845 (l’intento di John Tyler era quello di fare in modo di risultare lui il Presidente che aveva portato il Texas nell’Unione), il titolare forzò alla bisogna i termini costituzionali.
Ovviamente traumatico il passaggio dalla votazione pro Abraham Lincoln, primo repubblicano e contrario allo Schiavismo, e l’entrata in carica dato che 7 Stati del Sud in quel mentre trascorrere dichiararono la Secessione.
Complicata quella di Woodrow Wilson a William Taft.
Conflittuale (non diremo i peccatori) e abbastanza recente una nella quale i repubblicani che subentravano trovarono i tasti delle macchine da scrivere tagliati, la quale cosa rendeva impossibile utilizzarle.
La prima volta in cui lo sconfitto (nessuno dei due era nella circostanza uscente) compì un atto di accettazione (assolutamente non ufficialmente richiesto) fu quando nel 1896 William Jennings Bryan, democratico, telefonò a Grover Cleveland, repubblicano, per congratularsi.
Venendo infine all’oggi e preso atto che malgrado la assolutamente non ufficiale investitura di Joe Biden come vincitore ad opera dei media (la Costituzione gli Emendamenti le Leggi Federali e locali dicono tutt’altro dovendosi aspettare almeno il voto del Collegio dei Grandi Elettori fissato per il 14 dicembre), certamente il clima, per l’andamento di tutta la campagna elettorale, davvero straordinario (il Covid ha dettato non poco sulla scelta degli elettori e senza dubbio scatenato una corsa al voto postale che Trump ritiene manipolabile), i ricorsi presentati dai repubblicani e il possibile intervento della Corte Suprema sul ‘caso Pennsylvania’ (una complessa questione giuridica) non si vede perché debba essere impedito alla Amministrazione del tycoon di chiedere il rispetto delle disposizioni esistenti in merito.
O deve obbedire alla Associated Press e al New York Times all’auto proclamatosi Biden andandosene da “brutto sporco e cattivo” come viene rappresentato?
Vincerà il democratico?
Può certamente essere ma al momento non ha vinto niente ed è la sua parte che sta “avvelenando i pozzi” volendo impedire l’applicazione della Legge!