L’elezione si vince sui margini

Guardando all’esito delle Presidenziali del 2016, esaminando i dati, due le conclusioni più all’evidenza.
La prima: Donald Trump, oltre a quello in qualche modo ovvio dei ‘Red States’, nonché l’altro, atteso, della ‘Rust Belt’, ha avuto dalla sua il voto delle zone rurali e delle periferie di Stati nei quali tale divisione si è (all’improvviso?? ma no) più palesata.
La seconda: nei ‘Swing States’ il tycoon ha ‘spremuto’ un 2,3 per cento di preferenze in più rispetto agli esiti dei sondaggi precedenti la votazione.
La prima annotazione è stata in particolar modo evidenziata dall’andamento del voto in Pennsylvania.
Come subito abbiamo notato, lo Stato con capitale Harrisburg, arrivati per primi gli esiti dei centri urbani, è stato colorato del blu democratico sulla carta geografica del Paese.
Poi, mano mano, le periferie lo hanno volto al viola swing .
Infine le campagne al rosso repubblicano.
La seconda – la differenza tra i dati a volte perfino degli exit poll e quelli veri – è stata attribuita da alcuni attenti analisti al fatto che esiste – al di là di quanto noto guardando per dire alle appartenenze – una fetta, magari non molto affollata ma significativa, di votanti che non dichiarano le proprie posizioni contrarie alle aperture democratiche in campo etico ma che sulla base di una forte ostilità proprio su queste si esprimono.
Se così stanno le cose, davvero difficile per il Candidato 2020 dell’Asino, chiunque sia, recuperare, tanto specifici e contrari gli ambiti.

Da ultimo – dovrebbe essere risaputo ma così non è per niente – le previsioni vanno fatte Stato per Stato non andando a chiedere, come sempre fanno gli inviati italiani ed europei in genere, ai nuovaiorchesi o ai californiani o ai chicagoani (peggio, ad artisti e intellettuali).
Vincere nel New York, in California, a Chicago piuttosto che a Philadelphia o a Hollywood, considerato il sistema elettorale USA, può non servire, e spesso non serve, a niente.
E, dannazione democratica, è in California – laddove basterebbe prevalere per un solo suffragio popolare per ottenere tutti i 55 Grandi Elettori – che l’Asino stravince sprecando un enorme numero di voti.
E non v’è modo di porre rimedio anche a questa (voluta dai ‘Founding Fathers’) anomalia che va producendo maggioranze popolari nazionali democratiche e maggioranze nel Collegio Elettorale repubblicane.
Una tendenza (guardiamo al 2000 e al 2016) destinata ad accentuarsi.

La prova provata e non digerita quanto al ‘dove’?
Hillary Rodham Clinton ha vinto il predetto Golden State per ben oltre 4 milioni di voti popolari in più aggiudicandosi i cinquantacinque relativi Grandi Elettori.
Donald Trump ha vinto in Wisconsin, Michigan e Pennsylvania per un totale di ottantamila scarsi suffragi popolari in più raccogliendo poco meno in termini di Delegati Nazionali.
Questa è America!